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Carità come amore
novembre 2013

Proponiamo la testimonianza di Paola Franzoso, ex Preside del Liceo Giordano Bruno, reduce dalla sua prima visita alle boarding-homes dell’India con il Gruppo Missioni.

Da metà alla fine di gennaio 2013, assieme ad altri cinque amici: tre signore e due signori, sono stata nell'Andhra Pradesh, uno stato che si trova nel centro sud dell'India; precisamente sono stata nel distretto di Godawari Occidentale che si estende fino al Golfo del Bengala (Tsunami nel 2008). Zona prettamente rurale, con villaggi in zone sperdute e spesso difficili da raggiungere per cattiva viabilità, una zona molto povera.

Da diversi anni ho avuto in adozione bambini del terzo mondo, ma sentivo che non mi bastava solo dare denaro, ma avevo un forte desiderio di vedere, vederli, vedere l'ambiente in cui vivevano, vivere con loro la loro quotidianità, parlare con chi li assiste, li aiuta. Così appena mi sono liberata dai vincoli del mio lavoro mi sono proposta al Gruppo Missioni Terzo Mondo per andare a trovare i bimbi adottati, tra cui il mio, portare loro cose utili (medicine, indumenti, ecc...) e verificare l'attuazione dei progetti supportati dal Gruppo.

Nonostante i disagi di un lungo viaggio (24 ore all'andata), di una sistemazione spartana e la grande stanchezza per le lunghe distanze percorse, ho, abbiamo capito sin da subito che era proprio valsa la pena arrivare fino a lì.

Da subito abbiamo trovato da parte di tutti un'accoglienza calorosa, generosa, tutti si facevano in quattro, nonostante i pochi mezzi, per rendere il più possibile confortevole la nostra sistemazione. Insomma un'estrema generosità da parte di tutti pur avendo molto poco.

Prima di partire sapevamo della gran povertà dei bimbi supportati e delle difficili condizioni in cui erano costretti ad operare sacerdoti e suore. Ma la realtà supera di gran lunga l'immaginazione. Solo lì abbiamo potuto toccare con mano situazioni inimmaginabili di estrema povertà, ma vissute con grande dignità e, da parte di sacerdoti e suore anche con grande abnegazione, spirito di sacrificio tenacia nella volontà di garantire a quei bimbi un futuro migliore, aiutando nel contempo anche i poveri dei villaggi.

Quando hanno i bagni, perché altrimenti vanno nella foresta, come ci ha detto Padre Babu George, dobbiamo immaginarli quasi come quelli delle nostre campagne nel primo dopoguerra. E così via.

Eppure quei bimbi sono felici, si sentono dei privilegiati perché hanno chi si prende cura di loro.

Ci siamo commossi per le festosa accoglienza che tutti ci hanno riservato, felici per il solo fatto che eravamo lì, che eravamo andati a trovarli, chiedendoci soprattutto un bacio e una carezza, felici di condividere con noi il loro semplice cibo e, quando potevamo, i loro giochi. Le cose materiali, i doni venivano in secondo ordine.

Lì abbiamo capito il vero significato della parola carità, abbiamo capito cosa vuol dire donare se stessi, in modo gratuito, agli altri: sacerdoti e suore, pur vivendo in situazioni di estremo disagio (alcuni vivono senza luce, né acqua), si impegnano quotidianamente con tenacia e anche con entusiasmo perché quei bimbi si sentano amati e sostenuti, per procurare loro un po' di benessere e soprattutto dare quell'istruzione, che permetta loro di occupare da adulti un posto dignitoso nella società, non essere più degli "intoccabili".

Mi viene in mente suor Stella, che, pur essendo vissuta in Italia a Treviso per sette anni, ora insegna inglese ai bimbi di Dharbagudem e alla notte dorme in un'aula dove non c'è né luce né acqua, o padre Pascali, che vive in un luogo sperduto in mezzo ai suoi poveri villaggi e, per rifornirsi di acqua ad Eluru, deve percorrere in moto più di trenta km su una strada con buche che sembrano voragini.

Attraverso questi sacerdoti e suore abbiamo capito il significato della carità intesa come amore; amore che rivolgono a tutti...

Ci hanno mostrato con orgoglio i progetti realizzati con i soldi dati da Gruppo Missioni.

Padre Bartolomeo a Vegiweda era orgoglioso perché era riuscito a costruire delle grate per difendere i bambini dagli assalti notturni delle scimmie e di altri animali.

A Pandirimamidigundem, una delle boarding-home più isolate in mezzo alla foresta, padre Babu George era orgoglioso del suo dispensario: 3 letti e una sala parto che a noi ha fatto venire i brividi, ma era anche orgoglioso dell'ambulanza che fungeva da ospedale mobile e con la quale era riuscito a salvare molte vite, perché per raggiungere l'ospedale più vicino, quello di Eluru occorrono tre ore di macchina. Padre Babu George ha mandato una lettera di ringraziamento per il sostegno economico dato quest'anno al suo dispensario da Studenti, docenti e personale ATA del Liceo Giordano Bruno.

Padre Pascali ci ha mostrato soddisfatto le tre casette che era riuscito a costruire in un villaggio sperduto, che nel periodo dei monsoni va sotto acqua anche per 4 metri. Inoltre, in tre grandi vasche egli ha organizzato un allevamento di pesci che poi va a vendere per finanziarsi. Si batte per le ragazze che nei villaggi non contano nulla, affinché attraverso l'istruzione si rendano autonome e acquisiscano quella dignità che altrimenti sarebbe loro negata.

Carità come amore dunque. Padre Babu George accarezzando e baciando i suoi bimbi mi ha detto: "Il mio lavoro è molto duro, ma quando sono stanco, spossato, stressato, vado in mezzo ai miei bambini e con loro non penso più ai miei problemi, riacquisto le forze."

L'amore è il loro filo conduttore, è la forza che fa superare a quei sacerdoti e a quelle suore tutte le difficoltà.

Padre Babu George ha detto anche un'altra cosa molto bella ringraziandoci per l'aiuto dato: "Per fare la carità bisogna avere un cuore buono e tanto amore per il prossimo. Questo spesso non ce l'hanno i ricchi, i potenti, ma le persone semplici, modeste. La ricchezza vera non sta nella tasca, nel portafoglio, ma nel cuore"..

Ma la battaglia principale di questi sacerdoti e suore è, come ti ho già detto, sul fronte dell'istruzione, perché solo attraverso l'istruzione quei poveri bimbi possono riscattarsi dalla loro condizione di miseria: questa è la finalità dell'adozione a distanza.

Abbiamo incontrato diversi ragazzi, che grazie all'istruzione conseguita attraverso l'aiuto dei benefattori, ora occupano un posto dignitoso nella società e che, a loro volta aiutano i bimbi poveri del loro paese.

Da tutti è stata espressa profonda riconoscenza al Gruppo Missioni e agli sponsor per l'aiuto dato.

I bimbi ci hanno fatto festa con balli e canti, gli adulti ci hanno rivolto parole commoventi.

Riporto quelle di padre Emanuel della bording-home di Mogaltur "Cari amici, abbiamo un rapporto dinamico: noi, voi, i bambini....... Non stanchiamoci di fare del bene e di testimoniarlo: Voi, cari benefattori, siete la risposta della richiesta dei bambini: Voi siete la garanzia di un futuro migliore: Voi siete il sale della terra: Voi siete la luce che illumina i bimbi poveri che vivono nel buio dell'analfabetismo. L'adozione a distanza è una missione preceduta da una chiamata e voi avete dato la risposta. La missione sta nell'accompagnare il minore affidato a voi verso un futuro migliore attraverso il vostro sostegno economico.
Sarebbe bello fare memoria di quei bei momenti in cui, fin da piccoli, ci siamo sentiti, amati, nutriti e sostenuti nel nostro percorso per diventare adulti autonomi, indipendenti...."

Parole forti quelle di Padre Babu George e Padre Emanuel, che mi hanno, ci hanno fatto riflettere su come spesso la scala dei nostri valori sia spesso completamente rovesciata.

Una forte emozione e commozione ci ha accompagnato per l'intero nostro soggiorno in India.

E' stata un'esperienza veramente molto forte, coinvolgente, educativa, arricchente sotto tutti i punti di vista: abbiamo ricevuto molto di più di quanto non abbiamo dato.

Paola Franzoso

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