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Il Gazzettino
14 gennaio 1996

Pubblichiamo l'articolo che "Il Gazzettino" ha dedicato alla nostra attività.

"Quei nostri figli Indiani"

Adozioni a distanza. Dopo due anni di scambi epistolari un gruppo di mestrini è andato in India. Un viaggio allucinante per conoscere....

Siamo tornati con 150 foto: bambini che aspettano un papà» Un consiglio? Mai partire di venerdì, in tredici persone e con diciassette bagagli. Mai, neanche se è per una nobile causa. Gli scettici chiedano pure a quei mestrini (tredici) che lo scorso 22 dicembre (un venerdì) partirono per l'India, armati di valigie (diciassette) e tanta voglia di fare del bene. Beh, ne hanno passate di tutti i colori: sia all'andata quando i bagagli andarono smarriti, sia al ritorno quando i malcapitati viaggiatori restarono bloccati per ben tre giorni all'aeroporto di Bombay per un improvviso e tuttora inspiegabile sciopero della compagnia di bandiera indiana. Un viaggio, tuttavia, da ricordare con piacere. Perchè è stato in quell'occasione che il gruppo di mestrini, rientrato in questi giorni a casa, ha conosciuto i "figli" indiani, ragazzi adottati a distanza due anni e mezzo fa. L'idea era partita dal Gruppo Insieme di Carpenedo (l'associazione di volontariato che fa capo alla parrocchia di don Armando Trevisiol) dopo essere entrato in contatto con un ingegnere udinese, Gian Andrea Gropplero. «E` successo quasi tre anni fa - spiega Gianni Scarpa, 48 anni, ferroviere, uno dei tredici rientrati dall'India -. Groplero ci parlò di due orfanotrofi indiani, nella poverissima regione dell'Andhra Pradesh. La richiesta era di adottare a distanza un bambino, non necessariamente orfano, con un contributo annuo di 220 mila lire. L'abbiamo fatto in molti e per tutto questo tempo abbiamo avuto uno scambio epistolare con i nostri ragazzi: noi inviavamo cibo, vestiti, soldi; loro studiavano e ci scrivevano». Ma il dubbio di aver fatto davvero del bene restava. In un'Italia che aiuta i terremotati dell'Irpinia e scopre di aver gettato tante lire al vento, non può non sorgere il sospetto che anche altri progetti umanitari si perdano per strada. «Volevamo renderci conto di persona, vedere quegli orfanotrofi, capire come venivano utilizzati i nostri pochi contributi. E, soprattutto, conoscere i nostri figli». Così, in tredici, sono partiti per l'India: Gianni Scarpa con la moglie Eddy, Andrea Groppo, Alberto Scarpa, Antonella Levi Milzi, Luciano e Francesca Ambrosi con la figlia Chiara, Paola Fedrigo, Francesca Pinton, Sonia Zuccolotto, Gianni Zorzetto con la moglie Emanuela. L'esperienza? Esaltante. Siamo arrivati al villaggio la vigilia di Natale: i ragazzi ci sono corsi incontro gridando i nostri nomi, guardandoci in faccia per riconoscere il loro papà e la loro mamma». Con loro sono rimasti due settimane: senza acqua corrente, mangiando riso tre volte al giorno e uova una volta alla settimana. E rendendosi conto che l'orfanotrofio (troppo piccolo e inadeguato) è forse l'unico rimedio per strappare i bambini "fuori casta" dalla strada o dai campi, dove spesso vengono mandati a lavorare in cambio di prestiti che i genitori ricevono. Il gruppo di mestrini è tornato a casa con tante storie da raccontare e un pacco di fotografie. Centocinquanta foto di "nuovi figli" che aspettano un papà e una mamma.

Alda Vanzan

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