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La nostra storia.

di Gianni Scarpa.

1) Vi racconto la mia bella esperienza.

Mi volto indietro e dico a me stesso: Dio mio, quanto tempo è passato! Eravamo nel 1993. Alcuni dei nostri figli erano impegnati nello scoutismo. E noi genitori? A dirla in breve, fummo concordi nella decisione di dar vita a un impegno comune finalizzato a una nuova attività, da portare avanti parallelamente a quella dei nostri ragazzi in uno spirito di piena condivisione. Sentivamo tutto questo quasi come una necessità  fondamentale. In fondo, è sempre vero che si può, e si deve, imparare anche dai più giovani. L'idea che allora ci affascina fu quella di impegnarci nell'ambito della solidarietà  e dell'aiuto all'infanzia del Terzo mondo. Decisiva, in quest'ottica, fu però la lezione che ci venne da un ingegnere di Udine, Gianandrea Gropplero di Troppenburg. Perchè parlo di selezione? Per comprenderlo, è necessario un riferimento all'esperienza dell'ingegnere Groppello, da lui stesso Groppello, da lui stesso raccontata.

Continua...

Alla prossima cari amici.

2) L’ingegnere racconta.

Raggiunta l'età  della pensione (questa fu la sua testimonianza), egli si reca in India presso la missione di Madre Teresa di Calcutta. Qui si propone come volontario. Ma ecco la sorpresa: Madre Teresa, prendendogli le mani e guardandolo negli occhi, lo invita a non fermarsi là, ma ad impegnarsi altrove. E non era certo un rifiuto, ma un saper guardare più lontano da parte di chi, come Madre Teresa, conosceva bene quella realtà . Fu così che l'ingegnere, dopo il disappunto e la delusione, decise di mettere al servizio dei bisogni elementari di quella popolazione le sue competenze ingegneristiche-idrauliche. Fu questo il suo volontariato, che si tradusse nella progettazione di acquedotti e pozzi d'acqua potabile in quei territori. Un sollievo non da poco (un miracolo?) per la sete e il lavoro di uomini, donne, vecchi, bambini e, perchè no, animali. Una bella storia, non vi pare? Ma è una storia questa che continua. Alla prossima, cari amici. Continua...

3) Ancora l’ingegnere

Nel corso di quella esperienza, l'ingegnere conosce sempre meglio e più a fondo quella realtà e le sue caratteristiche. Ci segnalò, allora, un’urgenza e ci rivelò un numero: il numero (magico? in un certo senso, sì) di 131 bambini indiani da adottare. Naturali, a quella proposta, i nostri dubbi: impossibile! come si fa? Per la verità, una soluzione ci sarebbe stata: potevamo fare riferimento all'esperienza e alla disponibilità ad aiutarci di Carol Faison, una signora americana residente a Venezia e da poco impegnata nel campo dell'aiuto a distanza ai bambini indiani. E’ lei che ci ha fatto conoscere l’ingegnere. Ma, in fondo, la nostra decisione era stata già presa in autonomia. E siamo andati avanti. Prendiamo a questo punto contatti epistolari con padre Paschali, direttore del boarding-home (collegio) di Darbhagudem. Nel corso di questo scambio poniamo al sacerdote domande di tipo, diciamo così, economico: era sufficiente la somma di 120 dollari, richiesta, per il sostentamento di un bambino? Non lo era? Il parroco aveva bisogno di altro ancora? Quale fu la replica del sacerdote sarà, cari amici, il contenuto del mio prossimo “capitoletto”. Continua...

4). La replica del sacerdote

La risposta fu netta: non ce n'era bisogno. Per lui l'unico obiettivo che contava era quello di garantire ai bambini il diritto allo studio e a un futuro decisamente migliore. Fu il “semaforo verde” per la nostra iniziativa. A quel punto sapevamo quello che c'era da sapere sulla concreta possibilità che il nostro aiuto potesse realmente raggiungere quei bambini. Così quel seme ha dato nel tempo i suoi frutti. Da allora, grazie all'impegno del Gruppo Missioni Terzo Mondo (GMTM), non pochi sono stati i giovani indiani che hanno potuto godere del nostro aiuto. Così essi (provenienti dalla casta degli intoccabili!) han potuto vivere dignitosamente e studiare in collegio, pur non essendo orfani. E possiamo dire che c'è stato anche un lieto fine: molti di loro, grazie al sostegno partito dall'Italia, hanno raggiunto la laurea o, in ogni caso, hanno acquisito strumenti utili per il loro futuro. E soprattutto, alcuni di loro non hanno dimenticato il villaggio di origine, al quale dedicano una continua attenzione e danno una mano non trascurabile, particolarmente ai bambini più bisognosi. Così il ciclo della solidarietà e dell‘altruismo si autoalimenta e continua a vivere. Potrebbe sembrare una favola, ma non lo è. E anche questa favola continua. Alla prossima. Continua...

5) Qui comincia l’avventura.

Riusciamo, così, a partire per questa stimolante avventura. Che nome le diamo? Convinti della bontà di tale iniziativa e guidati dall’entusiasmo del nostro referente operativo, il ventisettenne ex capo scout Andrea Groppo, decidiamo di “battezzarla” con il nome di “Operazione Andhra Pradesh” Perché Andhra Pradesh? Perché è lo stato indiano in cui questi ragazzi vivevano: insomma, un omaggio alla loro terra. Diamo finalmente inizio a questa “avventura”, con tutto il nostro entusiasmo, ma - devo anche dire - non senza qualche difficoltà. Si trattava infatti di individuare nella cerchia dei nostri amici quelli disposti ad assumersi l'impegno e l'onere del sostegno allo studio di questi 131 bambini fino al compimento dell’intero percorso scolastico. Devo anche ricordare che, in un primo momento, avevamo previsto una durata di tale sostegno solo fino al raggiungimento del diciottesimo anno di ciascun ragazzo. Una bella differenza, non vi pare? Continua...

6) Dubbi ed incertezze sul da farsi.

Eravamo, perciò, incerti sulla strada da scegliere. Da questa situazione di incertezza ci trasse fuori il vescovo John Mulagada della diocesi di Eluru. Fu lui, appunto, che ci fece orientare per la prima scelta: del resto, egli aveva l'autorità per farlo. Un'autorità derivantegli dall'essere il primo vescovo indiano proveniente dalla casta dei cosiddetti dalit (in passato definiti come «intoccabili») e dalla sua esemplare esperienza di vita. In effetti, la richiesta di mons. Mulagada fu netta e chiara: egli la formulò ricorrendo ad un'immagine molto bella e delicata, per noi tutti toccante. Sospendere l'aiuto ai ragazzi una volta divenuti maggiorenni - egli disse - sarebbe come togliere le ali ad un uccellino che ha appena imparato a volare. No, quell'uccellino deve continuare il suo volo! Cioè, fuor di metafora, i ragazzi dovevano essere accompagnati e sostenuti fino al termine del loro ciclo di studi. A quel punto, la nostra decisione era presa: monsignor Mulagada ci aveva convinti, grazie certamente alla sua autorità, ma anche all'efficacia (e alla delicatezza) delle immagini di cui si era servito. Tutto questo accadeva nel 1996, un anno decisivo per la nostra iniziativa. Le difficoltà, però, non erano finite. Continua...

Immagini e parole - 1

A questo punto, credo che la nostra narrazione, il nostro “piccolo romanzo” se preferite, ha bisogno di un intermezzo e di una integrazione. Cosa intendo dire? Semplicemente questo: che, specialmente nel nostro tempo, un racconto così ricco di spunti biografici (e persino di elementi avventurosi) non può non trovare nelle immagini una necessaria ed efficace integrazione. Un “teleromanzo”, allora, dirà qualche affezionato lettore? Risposta: perché no? L'importante è che questa integrazione parola-immagine riesca a rendere meglio, in tutto il suo spessore, il senso di una “avventura” con tutte le sue motivazioni: umane, culturali, religiose. Naturalmente, mi auguro che questo “esperimento” contribuisca a coinvolgere di più, anche emotivamente, lettori ed amici. Sotto questo aspetto ritengo doveroso inserire le immagini della prima video cassetta con la figura di padre Paschali. Un dovere, si: perché è a lui che noi tutti (adottanti e adottati) dobbiamo riconoscenza per tutto quello che è stato realizzato in questi venticinque anni. Perciò: Padre Paschali, grazie! Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve video di padre Paschali.

7) Ancora qualche dubbio.

Ci chiedevamo: “Che cosa ci potrebbe trattenere o ostacolare? La paura di un impegno costante? La difficoltà della distanza e della lingua? Non stiamo forse inseguendo un sogno?” “No – fu la nostra risposta -, non possiamo impedirci di guardare alle troppo profonde differenze tra i nostri figli e quei bambini: tutti devono avere uguale diritto allo studio e a una vita decorosa!”. E così, nonostante tutte le nostre perplessità, siamo riusciti ad ottenere, nel corso di tutto l'anno 1994, due risultati molto positivi: il sostegno per tutti i ragazzi di padre Paschali e l’aver fatto conoscere alla nostra comunità l'idea e la prassi dell'aiuto a distanza. Per questo “successo” un grazie doveroso da parte nostra va (anche) ai giornalisti della stampa locale: Gente Veneta, Il Gazzettino, La Nuova Venezia, che hanno seguito con attenzione, spirito di condivisione e professionalità il nostro lavoro. Continua...

Immagini e parole - 2

A questo punto, forse, sarebbe opportuno e interessante dare uno sguardo alla realtà su cui noi siamo intervenuti con tanto amore. Quanta diversità rispetto alla quotidianità vissuta dai nostri bambini! Basta un semplice sguardo alle immagini: concentriamoci allora su di esse. Le emozioni verranno da sole.

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato della scuola di Darbhagudem.

8) le scelte significative.

Su un piano più strettamente privato, invece, devo confessare che, all'inizio, il mio coinvolgimento fu, come dire, un po’ tiepido. Del tutto diverso e senz'altro più costruttivo fu, al contrario, l'atteggiamento di altri partecipanti all'iniziativa. Mia moglie innanzitutto, che, mossa da quelli l'istinto materno che non ha bisogno di molte parole, scelse la scheda numero 49: un numero che corrispondeva al nome di un ragazzino di 14 anni, segnato da un incidente stradale che lo aveva privato di una gamba dal ginocchio in giù. Si chiamava Goli Harinarayana, ed era coetaneo di nostro figlio Nicola. Le schede n. 72 e n. 130 corrispondevano invece ai nomi, rispettivamente, di Dola Manga Raju e Gangi Prem Kumar, il bambino più piccolo del gruppo. Che cosa fece, allora, Andrea, peraltro in procinto di diventare padre per la prima volta? Un gesto nobile e forte: Gangi lo adottò lui, mentre la scheda di Dola la diede come dono di nozze a una coppia di suoi amici fraterni che stavano per sposarsi (con l'invito, per gli anni successivi, a versare la quota di adozione). Il destino, quella volta, si era rivelato benevolo per i tre ragazzi. Non furono i soli, per fortuna. Ma se ho fatto i loro nomi, non è stato senza motivo: essi entreranno in più occasioni in questo racconto. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un articolo pubblicato sul Gazzettino di domenica 1 maggio 1994.

Immagini e parole – 3

Ma c’era un modo o un’occasione per conoscere più da vicino, al di là della scheda, i nostri bambini? Per fortuna è venuta in nostro aiuto la tecnologia sotto forma di videocassette! E così, in un locale della parrocchia, noi sponsor ci siamo incontrati davanti a un televisore. Ed ecco apparire i volti dei bambini: con timidezza pronunciavano il loro nome, seguito dai nostri nomi pronunciati invece da padre Paschali. Non posso nascondere che è stato un momento di intensa emozione, ma quello che ci ha regalato ancora un momento di vera e propria “felicità” è stata la constatazione che davanti ai nostri occhi si concretizzava un ideale. Il nostro! Non ultimo, sentivamo che tutti i nostri dubbi ed incertezze svanivano davanti alle immagini di quei bambini colti nella loro quotidianità. Ci siamo guardati, allora, e ci siamo sentiti una vera, autentica comunità. Merito nostro? Solo in parte, ma merito soprattutto di quei bambini.

Cliccando qui:YouTube puoi vedere un breve filmato dei nostri primi bambini adottati in India.

9) Qualche considerazione.

Possiamo a questo punto fare qualche considerazione? Certo, credo proprio di sì. Questa, per esempio: l'atto di adottare a distanza esprime il desiderio profondo, quello di aprire le braccia all'altro, senza però la presunzione di voler trattenere alcuno. Si sa: spesso, nel nostro nel mondo occidentale, l’amore che si vuole e si cerca è annoverato sotto la categoria del potere. L'adozione a distanza no, perché è la liberazione da uno slancio di possesso attraverso l'amore per l'Altro, senza sradicarlo dalla sua cultura e offrendogli la possibilità di essere se stesso fino in fondo. Evidentemente questo “messaggio” è stato accolto e condiviso, se è vero che nell'anno 1995 abbiamo visto aumentare le richieste di adozione. Infatti, oltre a prendere in carico altri 96 ragazzi di Darbhagudem, abbiamo adottato 61 ragazzi del Boarding-home indiano di Mogalthur. Il buon seme ha continuato a dare i suoi buoni frutti. Cosa ne pensate? Continua...

Immagini e parole – 4

Allora continuiamo a guardare la quotidianità vissuta dai nostri bambini indiani con la consapevolezza che sono dei fortunati rispetto ai loro coetanei che vivono nei villaggi adiacenti al Boarding-home, grazie al sostegno di tanti amici italiani. Uno sguardo che ci ha regalato emozioni profonde. Perché quelle immagini ci hanno riportato, direi con forza, il nostro “come eravamo”. Grazie anche alle opere d'arte del nostro cinema neorealista ed ad altri documentari, ho rivisto la realtà della nostra Italia degli anni della Ricostruzione post-bellica. Povertà, mancanza di mezzi, file di bambini in attesa del pranzo. Cosa potevo immaginare di dire a quei piccoli scolaretti. “Forza ragazzi! Coraggio! non siete soli! Sono certo che ce la farete! E sarà la vostra “ricostruzione” o, meglio “costruzione”: del vostro domani, della vostra vita. Continua...

Cliccando qui:YouTube puoi vedere un breve filmato dell' India.

10) una nuova iniziativa.

Degna di essere ricordata è anche un'altra iniziativa: era il Natale 1994 quando, con gli amici del Gruppo Insieme (con cui abbiamo collaborato fino al 1996) e con l'aiuto di Carol, abbiamo deciso di dare una concreta testimonianza della nostra solidarietà e vicinanza affettiva a quei ragazzi. Da Venezia abbiamo inviato via mare un container carico di regali e oggetti utili: stuoini per adagiarvisi e dormire, medicinali, biciclette, indumenti, carrozzine per disabili, donati da vari benefattori e associazioni. E’ stato il nostro affettuoso “Buon Natale, ragazzi”. Nel giro di poco tempo abbiamo pensato di andare in India per verificare di persona che tutto, come si suol dire, filasse liscio. Perché questo viaggio? Perché eravamo al corrente di una situazione e di voci imbarazzanti sul conto e sull'operato non proprio limpido (così almeno, si diceva), di una associazione di un paese a noi vicino. Il tutto, con grande danno di tanti poveri bambini africani. Era assolutamente necessario, pertanto, assicurarsi che questa mala pianta non infestasse il campicello di cui con tanto amore ci prendevamo cura nella lontana India. Continua...

Cliccando qui:YouTube puoi vedere alcune foto del materiale spedito in India.

Immagini e parole – 5

Bambini entusiasti corrono come furie, felici. Grande partecipazione del pubblico. Conta poco che le scarpette sono vecchie, che molti giocano a piedi nudi. Che spettacolo! Lo spettacolo di una infanzia spensierata, almeno per un po' di tempo, che nel suo entusiasmo rappresenta, magari senza saperlo, tutta l'infanzia del mondo. Meritate tutti un grande applauso, cari bambini!

Cliccando qui:YouTube puoi vedere un breve filmato dell' India.

11) pensando all’India.

Per l’impegno che ci eravamo presi con le persone che ci avevano dato fiducia, e su sollecitazione di Andrea, si è deciso, allora, di recarci in India, per verificare di persona che tutto fosse come doveva essere. Così è stato pianificato il primo viaggio in quel Paese sconosciuto e lontano. Il motto che abbiamo sempre rispettato in questi 25 anni è stato: i soldi che arrivano dagli sponsor per i ragazzi aiutati a distanza, devono andare tutti a loro. Solo così si può parlare di “puro volontariato”. Per ciò, tutti i viaggi intrapresi in questi anni nei luoghi dove operiamo, sono sempre stati pagati dalle singole persone. E i risultati di queste nostre “verifiche” in loco sono stati sempre positivi e incoraggianti. Un vero e proprio “nutrimento” per continuare ad alimentare il fuoco dei nostri sentimenti verso quei bambini così bisognosi. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto dei nostri bambini adottati.

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E il container con i regali? E’ arrivato per Natale? Ahimè, no! E’ arrivato in febbraio! Tuttavia questo ritardo è stato del tutto cancellato e dimenticato grazie all'esplosione di vera gioia che ha accomunato tutti i bambini nel momento in cui hanno ricevuto singolarmente il pacco-dono del loro sponsor, e i regali utili per la collettività (stuoini, biciclette, giochi, indumenti e altro). C'è bisogno di descrivere l'espressione più che di gioia, di vera e propria felicità? No! Perché potrete vederla nel filmato che segue. E padre Paschali? Beh, questo racconto non sarebbe completo se non ricordasse la bella immagine del sacerdote che si fa allegramente un bel giro in bicicletta, tra le acclamazione dei bambini. Un’ulteriore conferma del profondo, sincero consenso che riscuoteva nella comunità.

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato dei regali di Natale spediti in India.

12) Partiamo per l’India?

Così la pianificazione del viaggio cominciava a prendere forma, anche grazie all’esperienza di Carol che ci ha aiutato ad organizzarla. Chi viene con me, chiede Andrea? Le prime persone che hanno risposto con un sì convinto, sono state mia moglie e due ragazze capi scout con una loro amica. Poi, dopo alcuni giorni, si sono aggiunte altre due coppie e una famiglia con una bambina di nove anni. Ed io? L’entusiasmo mi mancava, tante erano le mie preoccupazioni: non avevo mai volato, un mondo sconosciuto mi aspettava, un’alimentazione tanto diversa dalla mia. La decisione, ferma, di mia moglie che voleva conoscere Goli, mi ha fatto abbandonare tutti i miei dubbi, e così ho dato la mia adesione. Nei giorni precedenti al viaggio ho avuto un susseguirsi di pensieri su ciò che sarebbe potuto succedere. Come mi sarei sentito, io che da ferroviere ero abituato a viaggiare sulle sicure rotaie, mentre ora ero totalmente nelle mani del pilota? Siamo partiti il 22 dic 1995: eravamo in tredici persone con 17 valigie. Siamo arrivati puntuali alle ore 12.00, all’aeroporto Marco Polo, per il check-in. La partenza era prevista per le ore 13.30 con volo Air France e due scali, uno a Parigi e l’altro a Bombay (ora Mumbai). L’arrivo ad Hyderabad era previsto per il giorno 23 alle ore 14.30 locali. Continua...

13) Partiamo!

Il viaggio, da subito, si è rivelato come una vera e propria odissea. Il decollo dell'aereo è avvenuto con un ritardo di circa due ore. A Parigi siamo arrivati con lo stesso ritardo; una corsa affannosa per il volo Air India che ci stava aspettando. Il posto mio e quello di mia moglie erano in coda, adiacente all’area in cui i viaggiatori della zona non fumatori venivano a fumare. Accanto a me una signora francese: Aveva sul suo tavolino il pacchetto azzurro delle sigarette Gauloise, la cicca sempre alle labbra e un bicchiere di cognac che continuava a svuotare e riempire. Insomma, mi trovavo in una camera a gas io che da qualche anno avevo smesso di fumare. Giunti anche a Bombay in ritardo, abbiamo avuto un’altra sorpresa: il pullman che doveva portarci all’aeroporto nazionale non c’era. Abbiamo dovuto prendere al volo dei taxi che, con corse spericolate, ci hanno condotto al nuovo aeroporto. L’aereo ci stava aspettando: eravamo gli ultimi a salire! Nell’aereo centinaia di occhi indiani ci guardavano con stupore. Occhi parlanti, che ci dicevano in silenzio: siete in India! Che partenza! Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato della partenza per l'India.

14) Eccoci in India!

Finalmente siamo in india! Ci accoglie il vecchio, fatiscente aeroporto di Begumpet, ad Hyderabad. Non era ancora finita, però, l'odissea del mio primo viaggio. Perché? Perché i nostri bagagli, molto meno veloci di noi, tra un cambio aereo e l'altro, erano rimasti a Parigi. Ci aspettava però, alla fine, una bella e positiva sorpresa: Di fronte a noi c'era padre Paschali! Ora, finalmente, potevamo vederlo in carne ed ossa! Sfoggiava un sorriso luminoso, di un bianco in netto contrasto con la sua pelle scura. E che dire delle sette rose rosse che padre Paschali portava con sé per offrirle ad ogni singola compagna di viaggio? Poteva mancare, alla fine di questa prima conoscenza, un lungo, sincero e caloroso abbraccio? Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato dell'arrivo in India.

15) India! Il sogno diventa realtà.

Quella che segue è la sintesi della relazione tenuta nell'incontro con gli sponsor dopo il nostro ritorno dall'india. la relazione, arricchita da significative immagini è stata scritta e letta da me, Sonia, Alberto, Francesca P. SONIA Scrivere, per noi, diventa quasi una necessità, ma anche dall'India ci giungono lettere, cartoline, insomma una fitta corrispondenza. D'altronde siamo stati noi stessi a rivolgere, alla fine di ogni nostra lettera, l'invito pressante “Write me son”,“scrivimi presto”. Ma ecco nascere in noi tutti il desiderio di rendere più solido questo collegamento. Come? E’ presto detto: conoscendo di persone i nostri bambini, per poterli guardare negli occhi ed abbracciarli? Un sogno? No, se è vero che questo sogno è diventato progetto e, infine, realtà. La realtà della nostra partenza per l’India. Ma reali sono anche i nostri dubbi, timori, perplessità: che realtà troveremo? di che cosa potremo avere bisogno? Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

16) ancora SONIA

Ecco allora che le nostre valigie si riempiono: di tutto un po'. Farmaci anti-dissenteria, disinfettanti, lenzuola pulite, scatolame vario, autan. In più, in ogni valigia, una foto. E’ il bambino che abbiamo adottato e che seguiamo da un biennio. Immancabili le domande: sapremo riconoscerlo? come e quanto è cresciuto? come comunicheremo con lui, sempre che avrà anche lui voglia di incontrarci? Il regalo che gli porteremo sarà di suo gradimento? Infine: non stiamo andando incontro ad una brutta delusione, se per caso tutto si rivelasse un imbroglio? Ad ogni modo, si parte. Ci aspetta l'india, l'immensa india. Chissà come sarà. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

17) India! Il sogno diventa realtà

Il racconto continua con la sintesi della relazione fatta da ALBERTO. L'impatto è forte, molto forte. Il volto dell'India non è propriamente delicato: fatiscente l’aeroporto di Begumpet in cui sbarchiamo con ritardo: scomparsi i bagagli; un carosello infernale di taxi, risciò di ogni tipo, vacche, un lezzo che dà la nausea; fogne a cielo aperto ai cui bordi giocano bambini. Anche i dati numerici ti lasciano a bocca aperta: un territorio grande dieci volte l'Italia, una popolazione che sfiora il miliardo di persone, centinaia di lingue e dialetti, più di una dozzina di tipi di scrittura, un'infinità di sette religiose, centinaia di raggruppamenti e partiti politici, tre milioni di biciclette fabbricate ogni anno, milioni di vacche che si aggirano per le strade (asfaltate solo il 50%), treni ancora a vapore, un fiume, il Gange, in cui si immergono i fedeli pur sapendo che è molto inquinato e ancora: una grandinata può provocare centinaia di morti, un tale può vincere una causa iniziata 761 anni prima! E il cibo? Piccantissimo! E l'acqua? Si attinge proprio da quel fiume! Sì, siamo in india! Continua ...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

18) ancora Alberto

Ancora qualche parola sulle religioni. Certo, il numero delle confessioni e delle sette è superiore a quello di ogni altro paese del mondo. Ma la religione predominante, professata dalla stragrande maggioranza delle persone, è l'Induismo. E’ attraverso la meditazione che i fedeli cercano dentro di sé il proprio Dio. Al vertice di questa esperienza spirituale c'è il “Moksha”: È la salvezza spirituale che ricongiunge l'uomo allo spirito universale e pone fine alla necessità di perenni reincarnazioni. La loro Trinità è costituita da Vishnu, Shiva che ha sposato Parvati e da lei ha avuto Ganesh, il dio dal volto di elefante. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

19) India! Il sogno diventa realtà

la sintesi della mia relazione GIANNI Da Hyderabad ai due collegi la strada, percorsa in jeep, sembra non finire mai. Lo scenario è affascinante, ma anche sconvolgente, se non proprio crudele (per quello che offre alla vista). Intorno a noi un “fiume di vita” indimenticabile: un crocevia di caste, uomini, interi mondi in movimento. Ingorghi di auto, assordante coro di clacson, negozietti scalcinati, bancarelle con frutta e verdura esposta… per terra, folla di clienti che si muovono senza tregua. Poi, finalmente, la campagna, coi suoi colori riposanti. Villaggi di contadini e capanne di fango. Ed ecco fanciulle che vanno in risaia con i loro sari dai colori vivacissimi e, più in là, un vecchio asceta vestito solo con uno straccio bianco, con la ciotola per le elemosine in mano, avvolto da una surreale nuvola di polvere rossa sollevata da camion enormi padroni indisturbati di quelle strade. Comtinua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

20) India! Il sogno diventa realtà

La sintesi della relazione di FRANCESCA Per fortuna c'è un'altra india. Quella dei bambini che ci sorridono, della generosità di padre Paschali, quella di padre Bala, seminarista. Per descrivere questa India vorrei avere il dono della scrittura artistica e della pittura. Altrimenti, come potrei descrivere l'emozione da me provata la vigilia di Natale del ‘95, alle 20,30 ora del mio arrivo a Darbhagudem? Emozione è rara, indimenticabile, incancellabile. Ancora sento le grida di gioia e le manifestazioni festose al momento del nostro arrivo, le luci colorate degli addobbi natalizi, gli sguardi intensi, i sorrisi affettuosissimi. Come non potrò dimenticare il profumo delle ghirlande di fiori che ci hanno messo al collo e il calore delle mani di tutti i bambini che volevano salutarci. Di tutto questo, e di altro ancora, sono grata a Ravi, a Goli, a Chinna Babu, a Kumar, a Dola e a mille altri. E so che, per tutto questo, non c'è, non ci sarà, nessuna moneta per i pagare questi bambini. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

21) India! Il sogno diventa realtà ancora Francesca

Anche altre immagini, però, difficilmente se ne andranno dalla nostra mente. Immagini di grandi città sovraffollate con le periferie poverissime, attraversate da rigagnoli e fogne a cielo aperto, abitate da una folla poverissima. Ricordo ancora la voce lamentosa di chi chiedeva l'elemosina o i gesti di mamme che chiedevano qualcosa da mangiare per il bambino tenuto in braccio o la generosità di una bambina di 4-5 anni che subito, appena ricevuto da noi qualche frutto, corre a dividerlo con amichetti e fratellini poco lontano. Al confronto, i collegi di Darbhagudem e di Moghaltur sono un paradiso, dove ci hanno offerto una bellissima ospitalità, tanto che alla eventuale domanda: è stato possibile per voi, lontanissimi da casa, senza bagagli perché smarriti, sentirsi come a casa vostra? La risposta è senz'altro: sì, è stato possibile grazie al personale di Moghaltur e soprattutto a quello di Darbhagudem. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del viaggio in India.

22) India! Il sogno diventa realtà

Il ritorno a casa E’ il 7 gennaio. Esausti per le inenarrabili traversie causate da uno sciopero degli ingegneri di volo durato due giorni (da noi vissuti in aeroporto), lasciamo Bombay (oggi Mumbai), torniamo a casa. Ci portiamo dentro un turbinio di immagini, soprattutto quelle dei bambini entrati ormai a far parte del nostro mondo affettivo. Ci conforta il pensiero che tutto il nostro impegno verso quei ragazzi è andato a buon fine, ed è un pensiero che ci dà serenità. Sentiamo che si sono del tutto dissolti i dubbi che si potevano nutrire in questa impresa delle adozioni a distanza. E anche questo ci dà serenità. Saremo capaci di fare ancora di più? Sì, sono convinto che questa esperienza ci sarà di stimolo per organizzare e realizzare nuovi progetti per garantire ai nostri ragazzi un futuro migliore. Come, anche, ci siamo convinti che la solidarietà intesa in tal modo può diventare testimonianze di carità e di amore. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del ritorno a casa dall'India.

23) dopo il nostro arrivo.

A questo punto, cari amici, comprenderete che della nostra iniziativa e delle nostre (dis)avventure di viaggio qualcuno, oltre la nostra cerchia, era venuto inevitabilmente a conoscenza. Detto così con un po' di autoironia, eravamo divenuti famosi! Posso ben dirlo! E sapete perché? Perché, già durante lo sciopero nell'aeroporto di Bombay siamo stati contattati in diretta dal TG3 Veneto, nel corso del quale abbiamo riferito su quanto ci accadeva; l’eco si è allargata, poi, fino alle redazioni della stampa locale. Al nostro arrivo, inoltre, sono stato contattato dalla giornalista Alda Vanzan: l'intervista è stata pubblicata sul GAZZETTINO del 14 gennaio 1996. Chi volesse conoscerne il contenuto può cliccare nel nostro sito alla pagina Il Gazzettino così potrà scoprire l'aspetto scaramantico della storia, evidenziato spiritosamente proprio dalla giornalista colpita dal fatto che 13 persone erano partite di venerdì portando con sé 17 valigie! A questo punto, non posso non sottolineare che la curiosità professionale della giornalista è diventata in seguito vero e proprio interesse partecipato alla nostra iniziativa. Un'ultima cosa, cari amici: continuerò a pubblicare altri contenuti. Continua...

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Ma qual è la giornata tipo di questi ragazzi? Come vivono la loro quotidianità? Ecco le note di un ipotetico (ma fedele) diario di uno di loro: Si fa giorno, bisogna alzarsi (da terra). Tutti al pozzo a lavarci, a rinfrescarci, pronti per il ripasso delle lezioni del mattino. Alle 13,00 il caldo si fa sentire; le prime lezioni sono terminate, per fortuna l'interrogazione è andata bene. Un po' di riso, un uovo e una banana sono il mio pranzo, poi tutti all'ombra del solito mango (per un pisolino?). Ma le lezioni non sono finite: alle 14,30 riprendono. Materie: telugu, hindi e matematica. Abbiamo l'accompagnamento del cinguettio di tanti pappagallini verdi. Dopo la fine delle lezioni alle 16,30, partitella nel vasto campo davanti alla chiesa. Divertente, peccato solo che abbiamo perso. Ora andiamo a lavarci al solito pozzo ( mi ricorderò del sapone?). Dopo le 19,00, ancora un'oretta di studio, poi a cena, dove leggo la lettera dello sponsor italiano. Ancora un ripasso delle lezioni di domani, poi a nanna. S'è fatto buio, tutti in camerata. Un pensiero e un saluto per voi, amici italiani. Grazie di tutto! E tornate a trovarci! Ciao!

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato del della vita dei nostri ragazzi in India.

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Della ricchezza e varietà paesaggistica dell'India, o almeno dei luoghi dove noi operiamo, ho già pubblicato vari interventi che hanno dimostrato la capacità, da parte degli autori, di saper cogliere i vari aspetti, prevalentemente esteriori, di quel cangiante coloratissimo paesaggio. E così abbiamo apprezzato la sintesi che Sonia ha prodotto, relativa ai nostri bisogni di organizzazione, ai dubbi, alle incertezze tutte legate all'ansia di raggiungere e conoscere da vicino i bambini adottati, ma anche alla gioia di aver fatto un notevole passo avanti nella realizzazione del nostro progetto; quella di Alberto sugli aspetti forti che caratterizzano il volto fisico, politico e religioso dell'india; la mia, che ho scelto per mettere in evidenza la vitalità di quel fiume di vita che ti viene incontro e che non si dimentica; e infine, quella di Francesca, che si concentra intensamente sulle manifestazioni gioiose dei nostri bambini che erano là, a Darbhagudem, ad aspettarci. Non tutte le testimonianze, come vedrete, si concentrano sul vissuto e sul momento descrittivo della nostra esperienza indiana: quella di mia moglie Eddy che pubblicherò nel prossimo post, sarà tutta centrata sul sentimento da lei provato nel momento davvero intenso dell'incontro con un nuovo “figlio”. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto del viaggio in India.

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Dunque, come già accennato, la nostra esperienza si è caratterizzata anche in un senso più stretto: quello delle emozioni legate alla interiorità. Da questo punto di vista, parole nette e chiare si leggono nella lettera-diario che mia moglie Eddy ha scritto intitolandola “Lettera a mio figlio indiano”; una lettera ideale, pubblicata nel numero 2 del febbraio 1996 di “Carpinetum”, dalla quale traspare tutto un mondo di emozioni, pensieri, sogni e progetti per l'avvenire in cui il bambino e la “madre” vivranno un nuovo rapporto. E’ per questi motivi, e per le caratteristiche stesse di questa lettera-diario, che ho deciso di pubblicarla integralmente, anche se lunga. LETTERA A MIO FIGLIO INDIANO Dolcissimo Goli Hari Vorrei rivivere ancora e poi ancora l'emozione provata quando, dopo un viaggio che sembrava non avere mai fine, su strade buie e sconnesse, sfiduciato per numerosi contrattempi, Il nostro gruppetto di genitori adottivi è sceso da quello sgangherato bus, a Darbhagudem, la vigilia di Natale. Mille luci e addobbi ci hanno accolto all'ingresso della scuola orfanotrofio San Pietro e Paolo, mentre una moltitudine di bambini intonava canti posandoci al collo ghirlande di fiori, intrecciati con tanta pazienza. Sorrisi, strette di mano, inchini di riverenza alla maniera indiana. Era per noi tutta quella festa? Chi eravamo noi per meritare tanto? Persone che non avevano nulla ci offrivano le uniche cose di cui erano ricche: amore e condivisione. Frastornato è commosso, nessuno di noi riusciva a pronunciare parola né, a un certo punto, a trattenere le lacrime. Come per incanto, la stanchezza era svanita sopraffatta dalle emozioni ; una di quelle emozioni così forti che in rare occasioni si trovavano nella vita, che ti arricchiscono e che ti porti dentro negli anni a venire. Intanto ognuno di noi cercava tra la folla di bambini, ragazzi, gente del villaggio (accorsa anch'essa per condividere questi momenti di festa), il volto caro e ben noto nel proprio figlio adottato a distanza. Avevo sognato spesso, caro Goli, questo momento, e confesso che non pensavo potesse realizzarsi. ma ecco che finalmente, proprio la vigilia di Natale, il Signore così presente in mezzo a noi ha fatto sì che si avverasse. Il signore ha scelto proprio il giorno più bello per esaudire la mia preghiera: fra i volti sorridenti di cui si distingueva nella notte il bianco degli occhi e il candore dei denti, mi sei comparso davanti reggendoti alla stampella e subito si è stabilito tra noi un legame forte, profondo e al tempo stesso struggente perché tu, per me, da quel momento sei diventato il figlio svantaggiato rispetto agli altri due lasciati a Mestre, il figlio che non potevo accompagnare nella crescita, coccolare, curare quando era malato, consolare nei momenti di sconforto. E tu di questi momenti ne devi aver passati tanti! Come potrei dimenticare il sorriso timido del tuo primo approccio, il volto fiero di sedicenne quando hai pronunciato il tuo nome e infine quell'abbraccio che sanciva un vincolo fra madre e figlio, fino ad allora solo epistolare, quel volto bello e dolce mi ha pagato di molte fatiche e disagi. -Mother - mi hai detto, e mi hai tenuta stretta accompagnandomi lungo il vialetto che conduce alla casa di padre Paschali, senza mai sciogliere le braccia per paura che me ne andassi. Mi sono sentita ancora una volta mamma, come se ti avessi messo al mondo io e ti avessi ritrovato dopo tanto tempo. Avevamo tante cose da dirci. brevi frasi in inglese si accavallavano, si sovrapponevano; parole spezzate dette in fretta per dal posto ad altre... ma soprattutto gesti. Noi due ci siamo capiti fin dall'inizio e poi sempre meglio. Potevamo perfino dialogare mentre un codazzo di bambini, sempre intorno a noi (ci facevan da interpreti) si faceva in quattro per aiutarci a comunicare. Erano felici per noi. Ho capito che le persone buone e semplici sanno condividere i momenti belli e così la gioia di uno è la gioia di tutti. Non ho mai visto invidia o disprezzo fra quei bambini, sentimenti molto comuni nella nostra società del benessere; non ho mai visto sguaiataggini o cattive maniere, bensì signorilità nel comportamento, povertà dignitosa, mai miseria. Serbo gelosamente in cuore il ricordo della S. Messa celebrata la notte di Natale fra la gente umile del villaggio, accorsa a rendere omaggio a Gesù Bambino che padre Paschali aveva deposto nella mangiatoia del presepe. Ho vissuto per la prima volta il Natale in maniera appagante consapevole che Dio si è fatto carne in mezzo ai poveri e agli uomini. Lontana dal frastuono della società opulenta e consumistica ho riconosciuto il bambino Gesù dietro gli occhietti vispi di quei bambini che ci spiavano incuriositi e ammiccanti. Sono certa che queste mie riflessioni erano anche quelle dei miei compagni di viaggio. - Ma è tutto vero? Ma sta accadendo proprio a noi tutto questo? - qualcuno diceva con la voce rotta dall'emozione. Poco alla volta la tensione si scioglieva e ha lasciato il posto, nei giorni seguenti, al dialogo, alla confidenza, alla condivisione delle abitudini indiane. Nessuno dei miei amici ha sentito la mancanza dei bagagli, persi chissà dove da una settimana, l'assenza della televisione e dei giornali. stavamo bene “fuori dal mondo” e dal tempo, il nostro gruppo così eterogeneo si è sentito più unito grazie ad un comune denominatore: l'amore verso questi bambini e l'impegno a dare di più per rendere la loro vita meno disagiata. Dolcissimo Goli, ci siamo lasciati con la promessa di rivederci presto e così sarà. Mi piace coricarmi la sera pensando a tutti voi ragazzi, addormentati uno accanto all'altro rannicchiati nelle coperte. Chiudo gli occhi e ho ancora viva l'immagine di quell’immenso cielo di Darbhagudem, nero, tempestato di stelle che non ne ho mai viste tante in vita mia e così luminose, e quei silenzi notturni rotti soltanto dal canto delle rane e dei grilli. Con affetto tua madre.

Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto di Goli uno dei primi bambini adottati dal nostro Gruppo.

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A questo punto, cari amici, sento l’esigenza di interrompere momentaneamente la sequenza temporale del racconto per tentare di esprimere fedelmente l'emozioni da me provata 23 anni dopo il primo viaggio. L'intensità di tale emozione è dovuta al fatto che, in quel caso, non ho rivisto il solo Goli (come negli altri due miei viaggi, nel 2003 e nel 2013), ma lui insieme alla famiglia che si era creato. Comprenderete che questa esperienza rivelatesi particolarmente intensa ed emozionante, non poteva non spingermi a proporre questa momentanea “svolta” nel racconto. Ultima e fortissima emozione del mio viaggio nel gennaio 2018. Stavo per passare la sicurezza dell'aeroporto di Vijayawada per imbarcarmi per Hyderabad. Sapevo che doveva venirmi a salutare Goli, il primo ragazzo che mia moglie ed io abbiamo adottato 24 anni fa. Con lui mi sono accordato che ci saremmo rivisti ancora per un saluto e che avrebbe portato anche la sua famiglia. Ero lì che aspettavo con ansia il suo arrivo, ansia che cresceva di minuto in minuto perché si faceva tardi ed io dovevo andare. Gli amici del Gruppo erano già pronti per passare la sicurezza del check-in, e mi invitavano a seguirli. Anche Goli e la sua famiglia mi cercavano. In quel momento ho rivisto lo stesso sguardo, lo stesso sorriso del bambino che Eddy ed io abbiamo incontrato in Darbhagudem per la prima volta la notte di Natale del 1995. La nostra voglia di abbracciarci era così evidente da superare la rigidità del poliziotto che alla fine ci ha permesso di avvicinarci. Ho abbracciato con gioia Goli e la moglie, che mi ha conquistato col suo sorriso, mentre i loro due bambini di 3 e due anni mi osservavano con un sorriso pieno di stupore. Presto sarebbe arrivata una sorellina. Grande, devo dire, è stata l'emozione, ed altrettanto intensa la commozione dei miei compagni di viaggio che ho ritrovato con gli occhi lucidi. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto di Goli uno dei primi bambini adottati dal nostro Gruppo diventato adulto, sposato con due figli.

28) CHIARA e CHINNA BABU: la bambina italiana e il "ballerino" indiano.

Ancora una “svolta” che interrompe il filo cronologico della narrazione. Torniamo al diario di viaggio del 1995. All'interno di questo viaggio mi sembra bello e giusto inserire... una storia che potrebbe sembrare una favola, ma non lo è. Chiara è una bambina italiana di nove anni. Nel corso del viaggio conosce a Darbhagudem un bambino indiano di nome Chinna Babu, che ci dimostra in più occasioni la sua bravura nel ballo. Colpita dalla sua simpatia, Chiara chiede al papà di adottare proprio quel bambino. Il papà la accontenta. La loro amicizia continuerà, durerà nel tempo attraverso le letterine. Una storia o una favola? Passano dieci anni e ritorno in India. Rivedo, in quell'occasione, molti dei bambini adottati allora, ormai grandi. In particolare incontro con un’emozione, da lui condivisa, Chinna Babu al quale consegno una lettera. Indovinate di chi? Chiaramente... di Chiara! Ma c'è di più. Fra le tante notizie che ricevo dai ragazzi sui loro studi, mi sorprende quella relativa alla scelta di Chinna Babu: studia scienze dentarie, proprio come il papà di Chiara! E c'è ancora di più! Una nota di grande sensibilità: a mia moglie viene consegnata una rosa rossa. E’ un pensiero di Chinna Babu che chiede, in quell'occasione, che una volta in Italia noi ripetiamo lo stesso gesto gentile con Chiara. La storia di Chinna Babu continua, perché negli anni sono rimasto in contatto con lui. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere un breve filmato di Chiara e Chinna Babu.

29) Gennaio 2013

Dopo la parentesi “fiabesca” mi è gradito ritornare sulla figura di Chinna Babu, raccontando, in questa e nelle successive puntate, gli incontri con lui avvenuti nei miei due successivi viaggi indiani (2013 e 2018). Partirei dal primo: quali sono stati gli aspetti più coinvolgenti di quell‘incontro? Per me, ve lo confesso, cari amici, la risposta non è difficile, e il perché si può intuire facilmente. Certo, potrei parlare subito di Chinna Babu, ma lo farò solo tra poche righe per un preciso motivo: non che l'incontro con Goli, Anusha, Palli Venkateswar, ecc… non sia stato emozionante, ma - lo ammetto - è stato quello con Chinna Babu e Raju Dola a colpirmi maggiormente perché si sono presentati, quella volta, non da soli ma con le fidanzate. E, credetemi, non si è trattato della solita presentazione, un po' freddina e formale, ma di un gesto che rivelava, ad un tempo, la gioia e l'orgoglio dei due giovani nel mostrarci i momenti di vita più intensi per loro: la scelta della donna della loro vita e la volontà gioiosa di incontrarmi insieme a loro. E non lo dico, questo, per una forma di vuoto orgoglio, ma perché quel gesto evidenziava un affetto e una gratitudine che potrei anche definire filiale. Sì, essi riconoscevano in me, in quel modo, una figura paterna. Questo, cari amici, non poteva non riempirmi di gioia. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto di alcuni ragazzi adottati ormai diventati adulti.

30) Gennaio 2013

Ho già accennato l’ultima volta, al fatto che quell'incontro ha avuto più di un aspetto coinvolgente, non solo dal punto di vista emotivo-sentimentale, ma anche (e forse soprattutto) da quello della riflessione sul valore educativo di quella esperienza: per loro e per noi. Mi riferisco all'intervento che Chinna Babu (all'epoca ventisettenne) ha fatto, rivolgendosi ai bambini che, nel collegio di Amalodbhavi, avevano in un certo senso preso il loro posto. Il cuore di questo intervento era il seguente: “Non sciupate questa preziosa opportunità che vi offre l'attività del Gruppo Missioni, che rappresenta così bene la solidarietà italiana. Questo significa che il vostro compito - per il vostro avvenire - è impegnarvi con convinzione e continuità nello studio, che è l'unico strumento capace di sottrarvi a una condizioni di difficile precarietà”. Io, lo confesso, ascoltavo quasi commosso le parole di Chinna Babu e di Goli mentre osservavo i volti seri e attenti dei bambini: in cuor mio, sapevo anche perché. Perchè quelle parole non erano soltanto parole, ma una vera e propria testimonianza, dietro la quale c'erano fatti, e che fatti: Chinna Babu, nel frattempo, era diventato medico-odontoiatra, Goli insegnante (proprio come “mamma Eddy”), Raju Dola ingegnere informatico, attualmente impiegato con un ruolo importante a Silicon Valley. Che lezione di vita per quei bambini!

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31) L'intervallo di tempo tra i due viaggi (2013-2018)

Abbiamo registrato, nella puntata precedente, il “protagonismo” di Chinna Babu e la sua testimonianza esemplare agli occhi dei bambini e miei. “Protagonismo” che non si è esaurito in quel momento, ma è continuato in altre forme, sempre però con le stesse motivazioni di solidarietà. A cosa mi riferisco? Ad alcuni nuovi momenti della vita di Chinna Babu, che ne documentano la significativa evoluzione dal punto di vista umano e professionale. Come sono venuto a conoscenza di quanto detto sopra? Grazie all'immediatezza, all’efficacia e alla forza comunicativa del web e della fotografia (a proposito, posso dire che di foto sono un vecchio appassionato?). Quali le immagini che mi ha trasmesso? In sintesi: tappe importanti della sua vita di uomo e di professionista: foto del suo matrimonio con Yebhita, che avevo conosciuto da poco, immagini di lui insegnante di radiologia all'università di St. Joseph Dental, la foto della figlia Santhosha Kumari e del secondo figlio Nishikanth (con che gioia mi sono sentito ancora nonno!), poi ancora dei video e foto di lui che nel suo tempo libero pratica assistenza odontoiatrica, naturalmente gratis, a favore delle persone bisognose del suo villaggio di origine. Inoltre, immagini di lui che insegna ai bambini le tecniche di pulizia orale, fornendo loro anche semplici ma indispensabili spazzolini da denti. Come si può vedere da questo elenco, l'intervallo di tempo tra i due viaggi (2013-2018), si è rivelato particolarmente ricco dal punto di vista della crescita umana di Chinna Babu e da quello della informazione pervenutami, sulla base della quale ho provato una gioia intensa e motivata: il giovane indiano, aiutato da piccolo, era cresciuto proprio bene! E dimostrava, quel che più conta, con le sue scelte di vita, di aver fatto proprio fino in fondo il messaggio partito dal nostro gruppo, di essere capace di rinnovarlo e di portarlo avanti nell'ambito della sua comunità. Si chiudeva, così, quello che si può definire un “circolo virtuoso”. E noi, non dovremmo essere contenti di tutto questo?

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32) Il mio più recente viaggio in India (I°)

Gennaio 2018, ultimo viaggio: incontro con Chinna Babu, Goli, Anunsha ed altri. Ma è solo dell'incontro col primo che vi parlerò, per un esigenza di continuità con il racconto della sua storia. Quali elementi nuovi metterò in evidenza? Sostanzialmente i seguenti: mentre gli 800 bambini accolti nei vari collegi avevano ricevuto un dono uguale per tutti (zainetti fatti da noi acquistare in loco) e, in più, indumenti e materiale scolastico vario da riempire un valigione, per Chinna Babu, invece, l'amico Alvise Gasparini, aveva pensato a un dono speciale. Perché “speciale”? Perché consisteva in materiale professionale scelto, nuovo, l'ideale per la sua attività professionale, che, guarda caso, è la stessa del dottor Gasparini. L'idea era nata in lui dal forte interesse con cui aveva seguito la vicenda umana e professionale di Chinna Babu, interesse e conoscenza mediati dal racconto e dall'esperienza della madre, Paola Franzoso, per me preziosa compagna di viaggio, (anche, ma non solo, per la sua assoluta padronanza della lingua inglese, con cui ha facilitato per me la soluzione di tutti i problemi di comunicazione con quelle comunità). Descrivere la gioia di Chinna Babu alla vista di quegli strumenti, per lui preziosi, non è possibile con le sole parole: ma quella gioia l'hanno espressa i suoi occhi e il suo sorriso. Peccato non potervela mostrare attraverso foto di quel momento, ma potete credere a me che quel sorriso e quello sguardo sono ancora nella mia memoria e nel mio cuore. Continua...

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33) Il mio più recente viaggio in India continua (II°)

Era l'ultimo giorno di nostra permanenza in terra indiana. Atmosfera di grande festa. Balli, doni tipici come corone di fiori, turbanti, pashmine coloratissime, una pioggia di petali gialli su di noi, e, come “colonna sonora”, entusiastiche grida di gioia, musiche, canti, agitarsi di mani, sorrisi che, a dire il vero, ci facevano sentire più importanti di quello che eravamo in realtà. Davvero un'organizzazione perfetta, merito del vescovo Jaya Rao Polimera coadiuvato da padre Addanki Raju direttore del Social Service Centre, e da suore e sacerdoti sempre attivi e presenti in quanto nostri referenti nei vari collegi. Organizzazione molto coinvolgente, perciò molto apprezzata da tutti noi che, naturalmente, eravamo tutti presenti, al completo. Una partecipazione fortemente sentita da entrambe le parti, la nostra e la loro. Anche in altre forme, però, Chinna Babu ha manifestato la sua sensibilità e la sua matura personalità. Sono queste qualità - ne sono certo - che lo hanno spinto a voler condividere col Gruppo, attraverso la mia persona, l'orgoglio della sua tesi di laurea e delle sue pubblicazioni scientifiche (in numero di 3 fino a qualche giorno fa). Orgoglio da me condiviso particolarmente nel momento in cui ho ricevuto on-line tesi e articoli scientifici. Un bel modo, da parte di Chinna Babu, di farmi sentire “papà”: perché a chi si mostra il frutto finale del proprio lavoro di studente universitario se non ai familiari? E non siamo tutti noi del Gruppo Missioni i suoi familiari? Continua...

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35) Riprendiamo il racconto

La “verifica in loco” la prima, del 1994 non ci aveva dato nessuna brutta sorpresa, in un certo senso, anzi, ci aveva “caricato”: un motivo in più per non interrompere l'impegno preso. Portarlo avanti non fu, pertanto, difficile, direi che fu una decisione quasi automatica. Ma un ruolo niente affatto secondario lo ebbe la riunione di fine anno, nel senso che la stessa significativa partecipazione degli adottanti e di tutti gli altri partecipanti all'iniziativa, il loro entusiasmo si sono trasformati i vero e proprio elemento propulsivo, capace di facilitare e rafforzare il nostro già convinto orientamento: portare avanti il nostro impegno, coltivare quei rapporti attraverso un'azione sempre più consapevole e strutturata. Avevamo subìto, così, due “spinte” positive: la prima, tutta individuale e “interiore”, provocata dal viaggio in India e dalle intime emozioni che esso aveva prodotto in ognuno di noi; la seconda, proveniente dall'esterno, cioè dall'ambiente formato da tutti i partecipanti che esprimeva un'adesione sempre più convinta. Un apprezzamento per l'impegno profuso che ai miei occhi è apparso non solo lusinghiero ma anche; in certo senso, “produttivo”. Mi riferisco alla mia scelta (confortata, appunto, da quell’apprezzamento cui accennavo) di creare un “diapofilm” in dissolvenza incrociata, in grado di documentare al meglio i vari passaggi della nostra iniziativa: un lavoro che ha incluso le voci di Alberto, Francesca, Sonia e quella mia, con le nostre storie affidate ai racconti che già conosce. Il tutto, reso possibile da una tecnica che, all'epoca, era davvero l'ultimo grido: molto prima, evidentemente, degli ultimi ritrovati che, oggi, renderebbero molto più facile quel lavoro. Continua...

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36) Il primo importante progetto.

Ci furono altre conseguenze di quella esperienza “in loco”? Sì, certamente, e di non trascurabile importanza. Ci siamo meglio resi conto, infatti, delle necessità di quella comunità. Una conoscenza più precisa e puntuale che ci ha permesso di individuare, fra tutte, quella principale: la creazione di una nuova struttura da affiancare a quelle già esistenti, non propriamente ideali, come del resto ho già mostrato attraverso varie fotografie capace di ospitare ben 200 bambini ! Per la realizzazione di questo progetto, ci siamo avvalsi della collaborazione di varie personalità da noi coinvolte: il vescovo di Eluru John Mulagada, il direttore del Social Service Centre padre Moses (entrambi conosciuti in occasione della nostra visita) e, soprattutto padre Paschali con il suo aiutante seminarista Bala Reddy Godigunuri. Continua...

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37) La scelta del progetto.

Due, essenzialmente, le nostre principali richieste: poter ricevere ed esaminare più progetti per la realizzazione della nuova struttura a Darbhagudem e confermare la permanenza di padre Paschali nel collegio, con l'assunzione anche del ruolo di supervisore per tutta la durata dei lavori (domanda rivolta, naturalmente, al vescovo). Dopo aver visionato alcuni progetti, la nostra scelta (condivisa all'unanimità) è caduta su quello proposto dall'arch. Leonard Harper che seguirà i lavori con il suo personale qualificato e la manovalanza locale. Il direttore del Social Service Centre, padre Moses, sarà il nostro unico referente amministrativo. E la spesa? Fu, per la verità, abbastanza impegnativa, ma abbiamo potuto farne fronte grazie a una serie di nostre iniziative, come mercatini solidali, sagra di Carpenedo, lavori artigianali prodotti dalle donne del gruppo e soprattutto grazie a contributi che davvero possiamo definire provvidenziali, fra cui quello del patriarca di Venezia Marco Cé, che al nostro ritorno dall’India ha voluto conoscerci. Continua...

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38) impegno, responsabilità, trasparenza.

L’andamento dei lavori per la nostra struttura è stato seguito con partecipazione davvero viva; come davvero grande è stata l’attenzione con cui si è guardato a tutti gli aspetti della realizzazione del progetto. E questo sulla base di due elementi fondamentali, direi “portanti”, di cui il primo è stato senza dubbio la fedeltà al nostro motto (impegno, responsabilità, trasparenza, (del resto, quale migliore occasione per verificare nel concreto questa volontà di mettersi in gioco?); Il secondo è stato l'elemento sentimentale ed umano, il desiderio cioè di rivedere appena possibile i ragazzi conosciuti nel primo viaggio, che tutti ricordavano con affetto. E così, dopo il viaggio intrapreso nel 1997 per firmare la tutta la documentazione relativa al progetto, per altri due anni, alcuni aderenti al nostro gruppo si sono fatti carico dell'impegno di andare in India a verificare sia la contabilità, sia l'andamento dei lavori, dalla posa della prima pietra alla festosa commovente inaugurazione della struttura. Continua...

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39) 18 novembre 1997 Le fasi della celebrazione per l'inizio dei lavori.

Potevamo non dedicare un'attenzione particolare all'esecuzione di tutto ciò che consideravamo - ed era - assolutamente necessario per qualificare la nostra presenza e la nostra azione? Certamente no. Infatti, lo dico con consapevole orgoglio a nome di tutto il gruppo, l'andamento dei lavori per la nostra struttura è stato seguito con partecipazione davvero viva. Tutti gli aspetti della realizzazione del progetto sono stati sottoposti da noi ad una “occhiuta”, attenta valutazione (nell'ambito, va da sé, delle nostre competenze). infatti, già nel 1998 Alberto, Antonella e Francesca sono ritornati per la celebrazione della posa della prima pietra: è toccato, in questo caso, a loro “l'onore” e il privilegio di assistere ad un momento particolarmente significativo per la cultura indiana (come poi cercherò di spiegare). Continua

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40) 1998 la TECNICA della posa della prima pietra.

Non ritorno per caso a soffermarmi sulla tecnica e sulla simbologia ad essa collegata della posa della prima pietra nella comunità cristiana. Cominciamo dalla prima. LA TECNICA: appena realizzate le buche per le fondamenta viene inserita una prima grossa pietra sulla quale viene messa un po' di malta su cui si incide con la punta della cazzuola il segno della croce, gesto seguito dalla benedizione del vescovo. Ma il momento emotivamente più coinvolgente è quello dell'azione successiva compiuta individualmente da tutti i principali partecipanti alla realizzazione del progetto; azione che consiste nella rottura in un sol colpo!, di una noce di cocco sbattuta sulla pietra che ognuno posa, così che l'acqua del frutto ricada sulla pietra stessa (simbologia della fecondazione!) 💓

Continua...con la SIMBOLOGIA della posa della prima pietra

41) 1998 la simbologia della posa della prima pietra (la noce di cocco).

LA SIMBOLOGIA: Per comprenderla a fondo, bisogna tener presente che la noce di cocco è considerata come il frutto beneaugurante della prosperità. E questo per tutte le sue componenti: l'acqua che rinfresca, il gustoso nocciolo dalle proprietà nutritive e utile anche per l'estrazione dell'olio, la fibra esterna utile per il cordame che l'imbottitura di cuscini e materassi il guscio tagliato utilizzato utilizzo per Tazze e ciotole. e non solo il frutto, Ma la stessa pianta (tutta!) serve molto, come ben sanno i poveri: le loro capanne sono costruite con il legno del tronco e ricoperte con le foglie. Con questi innumerevoli usi, la noce di cocco partecipa attivamente in ogni aspetto della vita culturale dell’India. Continua...

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42) Impegno.

L’andamento dei lavori per la nostra struttura è stato seguito con partecipazione davvero viva; come anche grande è stata l’attenzione con cui si è guardato a tutti gli aspetti della realizzazione del progetto. E questo sulla base di due elementi fondamentali, direi “portanti”, di cui il primo è stato senza dubbio la fedeltà al nostro motto (impegno, responsabilità, trasparenza, del resto, quale migliore occasione per verificare nel concreto questa volontà di mettersi in gioco?; il secondo è stato l'elemento sentimentale ed umano, il desiderio cioè di rivedere appena possibile i ragazzi conosciuti nel primo viaggio, che tutti ricordavano con affetto. E così, per quattro anni, alcuni aderenti al nostro gruppo si sono fatti carico dell'impegno di andare in India a verificare sia la contabilità, sia l'andamento dei lavori, dalla posa della prima pietra alla festosa commovente inaugurazione della struttura. Confesso che ancora oggi ricordiamo con gioia il momento in cui il nastro fu tagliato da Luciano, uno di noi! Continua...

Cliccando qui: SYouTube puoi vedere un filmato del primo grande progetto in India.

43) Le arance e la bambina (1)

Ma davvero potrei dire che questo racconto esaurisce tutti gli aspetti (anche quelli più personali) di quella intensa esperienza? Direi proprio di no! E, proprio a proposito dell'intensità di alcuni di quei momenti vissuti in prima persona, vorrei raccontare due “episodi” che hanno molto impressionato, mia moglie e me. Il primo: stiamo curiosando, subito dopo l'arrivo ad Hyderabad, tra le bancarelle lungo un'arteria molto trafficata. Siamo attratti dai vari colori e odori che si diffondono nell'aria. Ma sono i colori sgargianti di frutta, verdura e spezie che ci colpiscono di più. Non resistiamo alla tentazione di comprare delle arance. Ne sbuccio una per assaggiarla, ed ecco che, voltandomi, incrocio lo sguardo sorridente di una bambina di quasi dieci anni: Mi colpiscono i suoi profondi occhi scuri e una guancia leggermente deturpata: E’ questo il primo contatto con quella creatura. Il momento, però, più significativo ed emozionante è quello successivo. Continua...

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44) Le arance e la bambina (2)

Il momento, però, più significativo ed emozionante è quello successivo. Cosa accade? Accade che, istintivamente, offro alla bambina una bella arancia che lei raccoglie, porgendomi la manina con un sorriso dolcissimo. Subito dopo, destreggiandosi nel traffico caotico, la bimba attraversa la strada, voltandosi ripetutamente verso di me sempre con quel sorriso che ringraziava senza parole. La seguo con gli occhi e noto che, una volta giunta al di là della strada, lei chiama gli amichetti (o fratellini?) più piccoli per dividere con loro il frutto e renderli così partecipi della gioia per il dono ricevuto. E’ per me un attimo, ma non riesco, in quel momento, a non pensare ai nostri bambini che hanno tutto e che non sempre mostrano una simile generosità e spontaneità. Intanto il giro “turistico” del gruppo tra le bancarelle continua. Intanto a mia moglie e a me viene in mente l'idea di comprare un po' di frutta da offrire a quei bambini. La compriamo. Il giro è finito. Ritorniamo nel punto dove abbiamo incontrato la bimba. Ma non c'erano più né lei né gli altri bambini. Proprio in quel momento mi chiedo: chi ha regalato qualcosa a chi? La risposta non è difficile: Certo è, però, che da allora mia moglie ed io abbiamo sempre cercato di “cogliere l’attimo” per realizzare un’idea senza frapporre indugi. Ancora oggi diciamo grazie a quei bambini che, senza saperlo, ce l’hanno insegnato. Continua… con l'episodio "Il latte e la bambina"

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45) Il latte e la bambina.

Secondo episodio: è l'ultimo giorno della nostra permanenza in India. Nelle tasche del gruppo rimangono ancora parecchie rupie, delle quali bisogna disfarsi perché inutilizzabili al nostro ritorno. Cosa facciamo? La nostra attenzione è attratta da un bel negozio di antiquariato e di oggettistica di raffinata lavorazione in argento. Spendiamo tutte le rupie e usciamo tutti contenti degli “affari” fatti. E qui l'imprevisto: si avvicina a noi una bambina con in braccio una sorellina: porgendo la manina, ci chiede qualche soldo. Deve comperare il latte per la piccolina che ha in braccio. Per noi tutti un vero colpo. Ci guardiamo negli occhi, impotenti più che indecisi sul da farsi. Una sensazione amarissima che non ci abbandona. Ci pentiamo quasi dei nostri acquisti. Ancora una volta, come nel primo episodio, ci sentiamo “sconfitti”. Ma la lezione, questa volta, ci suggerisce di non buttare via con facilità quello che abbiamo, specialmente in un contesto di grande povertà e bisogni elementari. Finché esisteranno bambini e bambine come quelli dei due episodi narrati, questa lezione non può e non deve essere dimenticata. E' questa la foto della bambina? Non è la bambina dell'ultimo episodio, ma la sua espressione me la fa ricordare. Quanto numerosi sono i fanciulli con quei volti che esprimono, insieme, il dolore e una ricerca d'aiuto che, purtroppo, non sempre si riesce a soddisfare! L'India: paese sterminato e difficile, ma che non si lascia dimenticare! Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere una foto particolarmente commovente del viaggio in India.

46) La “parentesi” africana (che è stata, in verità, molto più che una “parentesi”)

A proposito di “racconti”, avverto l'esigenza di una piccola precisazione. La mia narrazione ha avuto fin qui un taglio che potrei definire “personale”, ma io vorrei che fosse chiaro che l'aggettivo “personale” non vuole alludere soltanto “ad avventure in prima persona, viaggi, incontri etc”, ma anche ad iniziative partite dal gruppo e sviluppatesi in Africa e poi nelle Filippine, iniziative che ho sentito altrettanto “personali”, per il coinvolgimento - se non fisico - certo umano e sentimentale che hanno stimolato. Quanto ci sarebbe da riflettere su questo termine di “persona”! Ancora di più, per l'idea che me ne sono fatta, per noi cattolici! Una riflessione che, confesso, mi ha fatto molto pensare all'importanza delle nostre responsabilità e, insieme, ai nostri limiti. Continua...

47) In Africa!

Ma è ora di andare avanti. L'Africa è lì e ci aspetta. E con l'Africa “aspetta” anche il racconto di una nuova esperienza. L’”avventura” cominciò cosi. Del nostro gruppo sapete già, ma forse non tutti ricordano che, al nostro interno, operava Maria Letizia (Mariella) Scantamburlo. Sì, la compagna del compianto Sergio Gori, il dirigente Montedison assassinato dalle Brigate Rosse. E’ mancata qualche anno fa, ma posso ben dire che vive tutt'ora la sua ricca, preziosa eredità: l'interesse profondamente umano e l'apertura culturale verso il mondo africano. Alla loro base c'era, evidentemente, un fortissimo senso della solidarietà: un fondamento capace di far fronte alle innumerevoli difficoltà e miserie del mondo. Ed ecco la scintilla iniziale: ad un incontro serale del gruppo, Mariella porta alcune foto di bambini africani. Le mostra e, subito dopo a caldo domanda se, da parte nostra, c'è la possibilità di aiutarli (proprio come i bambini indiani). Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere alcune foto del primo viaggio in Kenya.

48) Conosciamo Daniele!

Ma questa “ricostruzione storica” sarebbe incompleta se, accanto a quello di Mariella, non registrassimo anche il nome (altrettanto importante!) di Daniele Schiavinato, imprenditore di Montebelluna e allenatore della squadra locale di basket. Daniele, a un certo punto della sua vita, lascia tutto e si reca in Africa (Kenya) per stare vicino e aiutare il fratello missionario. Comincia a delinearsi, così, la rete dei rapporti africani, che rendono possibile l'ideazione di un progetto. Per verificare la possibilità di realizzazione, Mariella invita alcuni del nostro gruppo a pranzo, a casa sua. E proprio lì, in quell'occasione, abbiamo conosciuto l'amico Daniele, conoscenza in seguito approfondita. Soprattutto, abbiamo appreso, anche nei particolari, dei passaggi fondamentali della sua vita e del suo impegno umanitario nel sociale, in Africa. L'evoluzione, direi naturale, di questa conoscenza ci ha convinti a proporre subito, con fiducia, alla prima riunione serale del nostro gruppo. di estendere al Kenya il nostro progetto. La proposta è stata accolta molto favorevolmente. Continua...

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49) Progetto Africa

Come si è sviluppato, in concreto, il “Progetto Africa”? E in quali forme, dopo la conoscenza diretta di Daniele? Decisiva è stata la precedente esperienza in india. In che senso, e perché? Per un motivo fondamentale: la nostra volontà (e, per noi, la necessità) di acquisire una conoscenza diretta di quella realtà. Quale migliore strumento, allora, di un viaggio nel cuore dell'Africa, è precisamente alle pendici del Monte Kenya, dove operava Daniele, nella missione della Consolata (nel distretto di Meru)? Abbiamo ritenuto che questa potesse essere l'occasione per una significativa apertura, da parte del nostro gruppo, al mondo giovanile. Hanno dato la loro adesione al “Progetto Africa” gli scout del clan “UNO NESSUNO CENTOMILA” della nostra parrocchia. Come era auspicabile, il Progetto ha avuto uno sviluppo apprezzabile in termini di esperienza di vita (del tutto nuova) per i ragazzi partecipanti. Su questo punto, certo, sarà necessario fornire più dettagliate informazioni. E allora, cari amici, a presto. Continua...

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50) Progetto Africa (Preparativi)

Il progetto va avanti! Come? Va ricordato che, In un primo momento, Daniele ci aveva proposto di realizzare l'ampliamento, con alcune aule, della scuola di Mujwa. Sorgeva però un altro problema: gli scout avevano dato la loro disponibilità per questo progetto, ma non era giusto che le spese del viaggio (e che viaggio!) se le accollassero le loro famiglie. C'era una soluzione? Noi l'abbiamo trovata. Abbiamo fatto in modo che la sagra di Carpenedo del 2003 diventasse, con il successo garantito da tutti i volontari del gruppo e non, la finanziatrice, in buona parte, del viaggio aereo. Dico “in buona parte” e non “interamente” perché gli scout, coerentemente con i loro principi, si sono autofinanziati. Anche per questo meritano un elogio. Certo non erano abituati al lavoro con pala e piccone, ma - con tanta pazienza - si sono sottoposti a un “corso” di apprendimento dell'uso di questi strumenti (indispensabile per la costruzione di quelle aule). E’ giusto, per noi, cogliere questa occasione per dare ancora una volta atto a questi giovani della loro disponibilità e buona volontà. Ne parleremo ancora. Anzi, per la verità, ne parleranno loro. Continua...

Cliccando qui: YouTube puoi vedere foto della sagra di Carpenedo dove sono stati raccolti fondi per il primo viaggio in Kenya.

51) Progetto Africa 2004 (I protagonisti)

Dunque, come promesso l'altra volta, la parola ai giovani scout. Si tratta di una “parola” che essi stessi hanno affidato a un “diario di bordo”: ad esso farò riferimento dal momento che l'ho conservato. Attingerò a quelle pagine con l'obiettivo di ricavarne l'essenziale e di documentare al meglio, anche con immagini, quella loro preziosa esperienza negli aspetti che gli stessi protagonisti hanno voluto registrare giorno per giorno. E, naturalmente, cercherò di cogliere le parti salienti del testo, selezionando i brani più significativi e concentrandomi sulle riflessioni dei giovani e sulle loro attività giornaliere. Ecco perché, dalla prossima puntata, ricorrerò a uno schema che contenga e mostri con chiarezza i passaggi fondamentali di quelle giornate. Ed ecco i protagonisti di questa meravigliosa esperienza: i capi scout Ilaria e Francesco con Agnese, Alice, Ambra, Anna, Elisabetta, Martina, Sara, Silvia, Giuseppe, Matteo, Nicola e Riccardo. Per il Gruppo Missione hanno partecipato al viaggio: Adriana, Anna, Luciano, Mauro e Ferruccio. Pronti. Continua...

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52) Progetto Africa 2004

Ed ecco lo schema. Prima della PARTENZA. Dubbi e certezze dei partecipanti: alla certezza del punto di partenza corrispondono i dubbi sul punto di arrivo, non senza qualche timore legato agli imprevisti che si sarebbero presentati. Ma presto appare chiaro che le difficoltà possono essere anche psicologiche, interiori. Non è facile trovare subito “la forza per partire e affrontare un'esperienza del genere”. Dall’interiorità viene fuori la soluzione, che consiste “nell'avere desideri grandi, della volontà di raggiungere la meta, dal sapere sperare, dal non dare nulla per scontato, dall'aver voglia di sapere e conoscere e scoprire”. L'attrezzatura materiale e spirituale per la partenza è pronta. Pronti si parte. Continua...

53) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 23.07.04 Dopo 6.638 Km di volo ed una notte passata nella capitale Nairobi, eccoci pronti per ripartire alla volta del piccolo villaggio di Mujwa. Già di prima mattina siamo pronti per partire con due furgoni […]. Lo spettacolo però è fuori dal finestrino e siamo tutti già rapiti da questo paesaggio. […] Usciti da Nairobi il panorama cambia completamente: iniziano quelle distese di terra interrotta solo da qualche albero solitario. Attraversiamo alcuni piccoli villaggi, i mercati affacciati sulla strada principale; persone camminano o si muovono su biciclette caricate fino a scoppiare, altre sono ferme, sedute a guardarsi intorno…sembrano aspettare. Vediamo il fiume Tana, il più grande del Kenya e ancora tanta gente per la strada, in ogni momento, a tutte le ore…Ma d’altronde qui il tempo non esiste… La strada principale è asfaltata, ma senza indicazioni stradali; ad un certo punto prendiamo una strada sterrata… tre ore di polvere e terra rossa per arrivare finalmente alla missione di Mujwa. L’impatto è forte: […] Conosciamo qui una povertà mai immaginata. Ma l’accoglienza non poteva essere migliore, con tanti sorrisi e grande affetto. e tanti tanti bambini dagli occhioni grandi che corrono intorno a noi pieni di curiosità. Verso sera…indossiamo pantaloni e maglie a maniche lunghe, per combattere le terribili zanzare e anche un po’ il freddo…Stremati da questo lungo viaggio e col pensiero alle novità che ci aspettano, ci diamo la buonanotte. A domani. Continua...

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54) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 24.07.04 Sveglia alle 6.00, rintocco di campane e un coro gospel al femminile; alle 10.00 siamo partiti alla volta della città. 5 Km di cammino nella rossa terra africana, il primo vero contatto con la popolazione: i bambini spuntano dagli sterminati campi di banano, non si vedono le capanne ma si percepisce la loro presenza... ci inseguono, un po’ impauriti un po’ divertiti… sempre più gente cammina in fianco a noi. La strada è lunga, la natura che ci circonda è qualcosa di unico: il verde, i banani, il cotone, il caffè…e poi Dio. Dio negli occhi di chi incontriamo, Noi in braghette maglietta felpa calzini pedule bandane zainetti occhiali da sole, in fianco bambini scalzi… tutti. Arriviamo al villaggio di Nkubu; uno dei paesi che i turisti non vedono. Anche qui il mercato, gente, povertà ma allegria, gioia di vivere, tanti sguardi incuriositi… gli unici bianchi siamo noi. È ora di pranzo, prendiamo il Matato: 20 minuti di strada, in 18 su di un pulmino non esattamente revisionato (!!!) da 14 posti!! …si arriva a Meru: l’accoglienza per il pranzo è speciale, una scuola ci lascia un’aula intera tutta per noi. Ore 15.30, si torna alla missione. Continua...

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Il primo incontro con i bambini della scuola di Gitjie Clicca qui: YouTube

55) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 25.07.04 La domenica del compleanno di Alice!!! Sveglia alle 8.00, alle 9.00 c’è la Messa. La cerimonia però non comincia fino a quando la chiesa non è gremita di gente. Intanto noi ci sediamo e rimaniamo in attesa. La messa ha inizio con l'ingresso di una fila di bambini che ballano gioiosamente e cantano inni al Signore. Ma è tutta la messa che è accompagnata Da musiche, canti e suoni. Tutti sono vestiti a festa, l'atmosfera gioiosa si prolunga anche dopo la fine della celebrazione: gli adulti fanno quattro chiacchiere fra loro, i bambini giocano con noi sul prato ed esprimono tutta la loro curiosità, toccandoci le mani, i capelli, e - naturalmente! - la nostra pelle bianca. Una vera festa in nostro onore! Quale contrasto tra le loro condizioni di vita e la gioia spensierata e spontanea che esprimono! Quanto diverso, però, sarà il pomeriggio di quella giornata: ne parleremo la prossima volta. Continua...

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56) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 25.07.04 parte seconda Visita a un Cottolengo africano. Partenza alle 14,30. Tutti sul pick-up di Daniele con occhiali e bandane per proteggerci dalla polvere rossa caratteristica di quella terra. Meta: l'ospedale italiano del Cottolengo, il Chaaria Catholic Dispensary. Accoglienza come sempre fantastica, ma la realtà è terribile. Qui facciamo la conoscenza di due preti torinesi, fr. Beppe Gaido (medico) e fr. Giovanni che assieme ad un ex capo reparto scout assistono una quantità di persone stipate in poche camere. Soffrono di una malattia comune a tutti: la povertà. Osserviamo il reparto delle mamme malate di AIDS, la clinica, la sala operatoria (che è una stanza come le altre), quella dentistica, quella della fisioterapia, la sala d'attesa e - spettacolo assai doloroso - i bambini sieropositivi. C'è uno spazio per i ragazzi disabili che, in quanto tali, vengono abbandonati dalle famiglie appena nati. Un figlio disabile sarebbe un peso tragico, insopportabile per la madre che lo abbandona, proprio come fa anche con il primo figlio avuto prima del matrimonio per assicurarsi della propria fertilità. Egli altri figli? Il primo figlio maschio è l'erede, il simbolo della famiglia, tutti gli altri - maschi e femmine - sono utili per il lavoro e il mantenimento della famiglia stessa. Delle malattie che li affliggono parleremo la prossima volta,

Su YouTube potete vedere com’é oggi il Chaaria Mission Hospital

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57) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 25.07.04 parte terza: Malattie, povertà, impegno. La giornata di domenica, trascorsa nell'ospedale del Cottolengo, ci ha aperto gli occhi su una realtà inimmaginabile. A cominciare dalle malattie: la malaria, che arriva con le piogge e uccide ancora tanta gente. Ad aggravare la situazione è però la ignoranza, oltre - naturalmente - alla condizione di spaventosa povertà, come ci spiega il prete. È incredibile per noi il modo in cui quei poveretti affrontano la lotta con la malattia: giorni di marcia a piedi per mancanza di mezzi e/o di denaro per pagarseli, lunghissima trafila per avere il sangue per una trasfusione. Difficoltà nel far comprendere l'importanza di avere “sangue di scorta“ fornito da parenti del malato. e magari la storia si chiudesse a questo punto, positivamente! No, perché la dura realtà fa sentire anche in questo caso il suo peso: i parenti “donatori”, sono essi stessi affetti da epatite e sieropositività, per tacere della cronica mancanza di denaro per pagare la quota minima richiesta. Ancora, come si vede, situazioni strazianti, che ci spingono a riflettere: il nostro aiuto può favorire un miglioramento della situazione, certo, ma sarà pur sempre una goccia. E allora? Ci dovrà essere la cultura, l'informazione, la scuola, il nostro IMPEGNO. Ce ne siamo convinti sempre più profondamente; in più tornando a casa, ci sentiamo un po' cambiati e pronti a RIFLETTERE ANCORA. Buonanotte Clan. Continua...

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58) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 26.07.04 - Cominciamo a lavorare - Le aule, indispensabili, sono il nostro principale obiettivo. Oggi, lunedì, cominciamo a lavorare. Alle 8 tutti in cantiere, pieni di voglia di fare e, tutti, con la nostra “magliettina da campo”. Registriamo subito qualche difficoltà di comunicazione con gli operai del posto, che ci provoca una vaga sensazione di inutilità dovuta alla nostra non perfetta comprensione di quali sono i nostri compiti. D'altra parte, basta poco per impugnare la pala e spingere carriole. Lo fanno anche le nostre amiche scout, ma gli operai locali non le guardano proprio di buon occhio. Siamo stanchi, ma la pausa pranzo di mezzogiorno ci ristora: pausa pranzo solo per noi! E gli altri? Continuano a lavorare attivamente, a piedi nudi, in mezzo ai calcinacci e al calcestruzzo. Alle 17, esausti, è già buio. Preghiamo: sentiamo che Dio ci è vicino e ci aiuta a dare una risposta ai nostri perché, che sono tanti e, qui, aumentano sempre più di giorno in giorno. Con la doccia serale ci laviamo e, in un certo senso, ci stacchiamo dalla nostra dura esperienza quotidiana: uno “stacco” che in loro, forse, non avviene. La loro è, Infatti, un'esperienza di vita che, nella sua insicurezza, non conosce pause. Sarà anche per questo che quel popolo mostra una grande vitalità e forza d'animo? Un bacio al Clan. Continua...

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59) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 27.07.04 Oggi, per le ragazze, è giornata di treccine! Per noi ragazzi è giornata di dura fatica. Basti pensare che, pur privi degli attrezzi dei nostri cantieri (betoniere, scavatrici, martelli pneumatici), noi, qui, dobbiamo preparare il calcestruzzo con le sole nostre mani. Un'impresa! Gli ingredienti di questo “panettone” sono la sabbia (presente in quantità), la ghiaia (preparata da un uomo che spacca le pietre con un semplice scalpello), il cemento (sacchi di 50 kg sulle schiene di uomini visibilmente sofferenti). Noi impastiamo con l'acqua il tutto un grande sforzo; poi, e riempite le carriole, riversiamo il contenuto nelle fondamenta da noi già scavate è armate da Beppe e Ricky. E’ stata una grande sensazione aver prodotto per la prima volta, con tanto olio di gomito, del calcestruzzo. Ma quanta soddisfazione, al pensiero che quella fatica è finalizzata alla COSTRUZIONE DI UNA SCUOLA! A cena siamo proprio una bella tribù: noi stanchi morti, ma appagati, le ragazze gioiose con le loro belle treccine, di cui si mostrano orgogliose. Intorno al fuoco si chiacchiera un po', infine a nanna. Buonanotte, Clan. Continua...

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60) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 28.07.04 Terza giornata di lavoro. Arrivo in cantiere allietato dai canti dei bambini delle elementari, dove assistiamo alla cerimonia di “saluto alla bandiera”. Siamo a scuola! Ed è lì che abbiamo il cantiere. Qui si lavora, ad un ennesimo “panettone” (di malta), necessario a completare le fondamenta. Sempre pazienti gli operai del luogo, impegnati per di più a insegnare le tecniche del lavoro manuale a dei ragazzini inesperti. Recuperiamo un po' di forze con una pausa pranzo. Pomeriggio: cominciamo a erigere la muratura in mattoni: e che mattoni! Pietre molto grandi, squadrate a mano da veri e propri scalpellini. Finalmente “la scuola” inizia a prendere una forma. “ La terra è in movimento”, osserva Checco e vuol dire, forse, che sta cambiando, giorno dopo giorno, il paesaggio grazie al cantiere che cresce. Così come crescono, insieme, soddisfazione, fatica e stanchezza, ma anche il sentimento di amicizia e di socializzazione. Nel cantiere viviamo momenti di vera sana allegria, grazie alla nostra capacità di animazione in pieno spirito scoutistico. Con quali effetti? Effetti semplici e belli, a dire il vero: le prime parole e i primi sorrisi non rituali o di convenienza scambiate tra noi del cantiere. E per finire? Partitona di calcio, alla faccia della stanchezza. Sì, ci voleva proprio, specialmente per gli operai del cantiere la cui paga è di 1,20 euro per 20 kg di pietre frantumate: Sogni d'oro a tutti. Continua...

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61) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 29.07.04 Buongiorno, clan! Oggi ci aspetta un'altra esperienza lavorativa: facciamo il massetto per il pavimento! E anche un'altra esperienza umana, che ci dà la carica giusta e una grande soddisfazione: il nostro rapporto con gli operai migliora di giorno in giorno, superando in qualche modo le iniziali difficoltà. Ciò non toglie che il lavoro si rivela ancora più faticoso: secchiate di pietre, armature, calcestruzzo. In compenso, però, c'è la gioia di vedere "crescere” la scuola, proprio come un “puzzle ". Alle 5 si ritorna a casa. stanchi e soddisfatti. Manca solo una bella doccia calda. E l'acqua? La riscalda un bambino del luogo, bruciando legna che egli stesso spacca: non per divertimento, ma per guadagnarsi il pane. Intanto, siamo arrivati alla verifica di metà campo. Quanti pensieri, quante riflessioni! Ci rendiamo conto che, alla fine, torneremo sicuramente diversi. Si fa sera: le stelle stanno a guardare, ma anche noi, emozionati, vegliamo alle stelle. Continua...

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62) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 30.07.04 (prima parte) Buongiorno Clan! Oggi, giornata tutta "sociale": abbiamo incontrato i "piccoli" della gente del posto. Quelli di una Primary School di un quartiere di Mujwa, a un'ora di distanza a piedi; e le ragazze di un college femminile, tra le quali le girls scout del posto. Partiti alle 8 di mattina, ci siamo diretti verso la Primary School, percorrendo una strada sterrata rossa di polvere. Accoglienza calorosa da parte di preside e collegio docenti; sistemazione comoda nel vasto giardino. Ben 500 bambini della scuola hanno preparato lo spettacolo di benvenuto. Divisi per sesso e per età, ci hanno allietato con canzoni, balli e costumi tipici. Davvero un magnifico spettacolo! Tanto più se si considera che balli, parole e musica delle canzoni erano stati preparati e inventati dai bimbi stessi. Per noi, solo per noi, in nostro onore! Davvero un'idea gentile per un fantastico benvenuto. Ancora più stupefacente il loro modo di fare musica, con l'uso di taniche incastrate sui banchi di scuola. Inevitabile, per noi, pensare alla sovrabbondanza di mezzi di cui noi disponiamo, spesso senza il nostro giusto apprezzamento. Anche così si può scoprire il mondo, il suo volto drammatico fatto di povertà è ingiustizia: ci è bastato poter osservare dal vero tutti quei piedini scalzi, quei corpicini così piccoli e magri. Per fortuna, molti di loro sono stati adottati a distanza dal gruppo missioni della nostra parrocchia che, nell'occasione, ha donato coperte, cibo, banchi e scarpe nuove per tutti. La nostra partecipazione allo spettacolo è consistita nell'offrire la nostra canzone di clan e nella consegna dei doni. Continua...

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63) Progetto Africa (dal libro di bordo scout.

MUJWA 30.07.04 (seconda parte) Particolarmente gradita, è stata per noi la possibilità di poter stare un bel po' di tempo a stretto contatto con i bambini: è stato bello "scambiarsi" con loro qualche canzone e qualche gioco. Quanta felicità in loro è in noi! ma c'è ancora una gradita sorpresa: alcuni di quei bambini hanno portato da casa uovo sodo per noi, offertoci insieme a qualche bibita. Loro, invece, erano fuori a mangiare il solito pastone di mais e fagioli. Così, ancora una volta, abbiamo provato una gioia che si mescolava all'amarezza. A noi tanto, "addirittura" un uovo sodo, per loro così poco punto perché! ce lo siamo chiesti ancora una volta. Torniamo a casa a malincuore. Alcuni bambini percorrono un pezzo di strada insieme a noi. E’ stata un'esperienza particolarmente intensa, che non dimenticheremo, come tutto quello che qui stiamo vivendo. Continua...

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64) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 30.07.04 (terza parte) Nel pomeriggio, visita al college femminile. Le girl scout, con le quali ci siamo intrattenuti un po', non hanno un'uniforme né un capo dieta più grande. Una di loro assume, su votazione, il ruolo di leader; contano molto gli aspetti della disciplina e dello stile di comportamento, forse troppo militarizzato. La Promessa, però, è uguale per tutti, ed ugualmente sentita da tutti. In ogni caso, questo incontro è stato molto diverso da quello coi bambini in mattinata, e anche piuttosto vivace. E proprio la vivacità del confronto ci ha fatto toccare con mano, ancora una volta l'abissale differenza tra la loro cultura e la nostra. Per le nostre interlocutrici era inconcepibile un lavoro che non producesse fisicamente qualcosa. Avere delle “vacanze estive” di tre mesi. Non avere la propria "piantagione" a casa. Significativa, da questo punto di vista, una loro domanda: “ma cosa fate se non avete un campo?” Certo, capirsi bene, fino in fondo non è stato facile. Ma era possibile? Chi sa. Per questo, crediamo, la scelta più giusta è accettarsi tutti con semplicità di mente e di cuore: anche perché c'è tanto da imparare dalla loro genuina spontaneità. L'incontro si conclude con la promessa di rivederci domenica pomeriggio e di fare qualcosa di tipico del nostro Clan: GIOCARE!! Però, che giornata intensa. Notte Clan. Continua...

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65) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 31.07.04 - Mattina - Oggi, per noi, è una giornata da " turisti ". Sveglia alle 4,30, pulizia veloce, prendiamo subito posto sul “matato” . Fa un gran freddo e la notte mostra il suo vero calore, senza le luci della città. Solo dopo un paio d'ore appare, alle nostre spalle, il sole: enorme, una palla infuocata. Poi, incontriamo paesaggi diversissimi, boschi di banano verdi e rigogliosi, la savana, qualche piccolo agglomerato di capanne. Ore 10, tante foto al primo cartello che indica la linea dell'equatore. Ore 11, cascate Thompson, le più alte del Kenya, una meraviglia, un paradiso naturale. Si rimonta sul pulmino, la prossima fermata è per il pranzo. Seconda linea dell'equatore: ci facciamo stampare il documento (storico!) che attesta il nostro passaggio, poi facciamo la prova dell'acqua. Scende in senso antiorario a NORD dell'equatore, in senso orario a SUD dell'equatore scende DRITTA sulla LINEA dell'equatore. C'è una bella differenza tra la conoscenza teorica di certi fenomeni e la sua verifica nella pratica! Continua...

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66) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 31.07.04 - Pomeriggio - Raggiungiamo, dopo pranzo, Nyeri, visitiamo la tomba di Lord Robert Baden Powell, padre fondatore degli scout. Grande emozione, che ci fa ripensare intensamente alla promessa che unisce i nostri cuori e i valori di tante persone al mondo. È l'ora del ritorno, prima del tramonto bisogna essere a casa. Il viaggio è stato un'avventura! In più, riusciamo a prenderci la pioggia in Africa! A chi poteva capitare, se non fa il nostro clan? Intanto il “matato" imbarca acqua. Ci diamo la buonanotte un po' stanchi, ma pieni di cose belle da raccontare. A domani! Continua...

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67) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 01.08.04 E’ di nuovo domenica, Il tempo scorre via veloce. Ci sveglia il suono delle campane che fa da sfondo ai canti accorati delle ragazze del college. Alle 9, nella nostra uniforme, siamo davanti alla chiesa. Solita processione iniziale: il parroco Othieno e i suoi chierichetti sono preceduti da una tribù di bambini che cantano e si muovono seguendo un ritmo tipicamente africano. Riescono così a creare un'atmosfera gioiosa. Raggiungiamo le prime file nella chiesa già gremita: le danze coinvolgono tutti, anche noi. L'intera chiesa che danza è uno spettacolo. Ci viene offerto uno spazio all'interno della celebrazione: siamo invitati dal parroco a salire sull'altare per essere presentati alla comunità che ci osserva con occhi pieni di gioia, dopo averci osservato in quei giorni per le loro strade. Cantiamo la canzone del clan, e il canto ci elettrizza. Nel pomeriggio ci incontriamo con le scout girls: il ghiaccio è stato rotto, c'è voglia di giocare e divertirsi insieme. Poi il “Goodbye Friends” è particolarmente toccante, e d'altra parte il momento dei saluti è di quelli che solo lo scoutismo fa farti apprezzare. Poi scambio di indirizzi e tante, tante promesse di non dimenticare nulla di questa esperienza: Già per queste persone l'essere ricordati è quasi un valore, ha qualcosa di sacro e valorizza l'importanza che ogni incontro ha nella vita. La nostra civiltà occidentale "ricca e felice”, ha molto da riflettere su tutto questo. La serata è particolare e serena e poi, perché non dirlo," si cucina noi! " Buonanotte Clan. Continua...

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68) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 02.08.04 Buongiorno, clan! Inizia, con questo lunedì, una nuova settimana di lavoro! sveglia alle 7, colazione e via di corsa in cantiere! Chi pensa, oggi, ai poveri, assettati alberi di banano? Ci pensano Alice, Sara, Riky, Ferruccio e Mauro nel ruolo di "annaffiatori " Tornati a metà mattinata, trovano un bel “regalo” due belle file di mattoni! I lavori, comunque, procedono benone. In sei giorni, quasi dal nulla, si è riusciti a tirar su un vero e proprio edificio. Tutti insieme: anche per questo "bravi", diciamolo c'è pure. Non è proprio una particolare novità, eppure è sempre così toccante, così speciale. Intanto, pensiamo il ritorno a casa, Ormai manca poco... Rivolgiamo una preghiera a Gesù: perché il mondo si stringa intorno a chi bisogno. Continua...

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69) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 03.08.04 – Mattina - Si lavora anche l'ultimo giorno. La terra spostata nei primi giorni deve essere distribuita in uno spazio più ampio. Ci sembra assurdo che ce lo dicano solo ora. Non sanno gestire razionalmente tempi e prestazioni, ci diciamo. Poi ci rendiamo conto che la motivazione è tutt'altra: perché in realtà il risparmio razionale di tempo significherebbe per quelle persone giornate di lavoro perdute, qualche pranzo in meno per i loro figli. Si, è così. ed è talmente vero e evidente tutto questo che la nostra stessa presenza qui non è stata del tutto, e da tutti, bene accetta perché essa, di fatto, ha comportato la perdita di giornate di lavoro per molti di loro. Figurarsi poi se ci fosse stata una bella betoniera! I frutti, in ogni caso, si vedono: e noi torniamo a casa con uno sguardo diverso sulle cose, con una nuova consapevolezza. Continua…

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70) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 03.08.04 – Pomeriggio - Arriviamo all'ultimo pomeriggio, forse quello più significativo, sicuramente il più toccante. Andiamo a trovare, nel bosco dei banani, una “piccola” comunità. Piccola non certo per il numero, ma perché piccoli sono i bambini e le bambine di strada che la compongono: abbandonati dalle famiglie, sono stati raccolti qui da Patrick, una persona di gran cuore, giovane di 26 anni. Lavora e chiede l'elemosina per mantenere 50 fra bambini e bambine, dai 6 mesi ai 15 anni di età. Piccoli, magri, affamati, ma con gli occhi pieni di gioia e di amore. Sembra incredibile, ma è così. Anch'essi cantano e danzano per noi, ci prendono per mano e ci mostrano la loro casa. Piccola la comunità, ma tanto grande la generosità del loro impegno: ognuno sa di dov'è amministrare al meglio, per il bene di tutti, il proprio tempo e il proprio ruolo. A fine giornata hanno voluto accompagnarci fino alla missione; abbiamo cantato, abbiamo giocato fino al tramonto. E il tramonto si è colorato dei nostri abbracci e dei nostri sorrisi. Perdonami, Signore, per tutte le volte che ti ho chiesto aiuto, usa le mie mani per aiutare io chi ha davvero bisogno. E’ questa l'ultima serata della missione. Continua...

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71) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 04.08.04 – Si torna a casa Partenza all'alba “il Matato” ci aspetta! E’ venuto a salutarci tutto il college femminile, con le girls scout in prima fila. Un momento di vera commozione il cui ricordo ci terrà uniti anche da lontano. Sono presenti anche padre Othieno e padre Peppino. Il viaggio è lungo e, per tutte le cose viste, non facilmente dimenticabile. Del resto, come si potrebbe dimenticare una città come Nairobi? Anche, e forse soprattutto, per lo sgomento che ci ha trasmesso. Un paesaggio sconvolgente, caratterizzato da contrasti di inimmaginabile violenza per noi occidentali. Grattacieli e catapecchie, palazzi e bidonville, ricchezza e miseria entrambe scandalosamente esagerate; bambini che chiedono l'elemosina ed hanno lo sguardo vuoto, gente distesa accanto a fogne a cielo aperto in cui poco prima hanno fatto il bucato. Tra poco saremo di ritorno nelle nostre belle, comode case, ma non potremo certo dimenticare. Anche per questo, abbiamo deciso di dare questa testimonianza. Continua...

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72) Progetto Africa (dal libro di bordo scout)

MUJWA 05.08.04 – Per non dimenticare Quell'esperienza ha certamente favorito la nostra crescita interiore attraverso uno scambio grazie al quale sono stati superati tanti nostri pregiudizi. Culture e abitudini lontane dalle nostre ci hanno aiutato a diventare migliori testimoni di noi stessi in quanto scout. Indimenticabili i colori: nel buio più totale la luce delle stelle, il verde degli alberi, il rosso della terra. Così il sorriso dei bambini, incuriositi dal colore della nostra pelle, la semplice generosità dell'accoglienza. Abbiamo costruito aule, con fatica ma anche con grande soddisfazione: anche grazie a noi e soprattutto al Gruppo Missioni che ci ha aiutato in questa meravigliosa esperienza di vita, quei bambini potranno frequentare la loro scuola. Abbiamo conosciuto le loro canzoni, i loro balli, il loro ritmo innato: persino durante la messa! Due, però, sono le esperienze che ci hanno particolarmente colpito: la visita ad un ospedale nel quale lavoravano volontari italiani, in condizioni igienico-sanitarie assai problematiche; la visita molto toccante ai bambini orfani di Patrick capace di sconvolgere l'ordinario senso del nostro vivere. Sentire il calore delle loro mani, vedere che i più grandi si occupavano dei piccoli e che ognuno aveva un particolare ruolo all'interno del gruppo, garantiva uno stile di vita a quella piccola comunità.

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73) Riprendiamo la mia storia.

Di queste storie raccontate fin qui, legate alle diverse fasi del progetto Africa e dell'esperienza vissuta dal Gruppo con gli scout, sono stato co-protagonista. Un po' da lontano, certo, ma con partecipazione convinta, totale. Una partecipazione e un impegno che si sono esauriti, tanto meno affievoliti in quella fase, tutt'altro. Quell'esperienza, anzi, ha alimentato in noi il desiderio, diventato poi vera e propria esigenza di un ritorno “indiano”. Pensate, che questa idea nasca dal nulla ed abbia un carattere di pura estemporaneità? No, cari amici. Perché i fatti contano, e i fatti ci dicono che in questi 13 anni la realtà dei primi 131 bambini adottati del collegio di Darbhagudem è diventata di 790 (una crescita assai significativa anche per lo straordinario coinvolgimento di molte persone!), che il numero dei collegi è passato da uno a otto. Progressi che hanno avuto la forza di mettere in moto, sempre in quel periodo, una serie di altri progetti a favore dei nostri bambini (frutto dell'esperienza vissuta la prima volta): ultimi in ordine di tempo, ma non di importanza, per noi e per loro, quelli relativi a esigenze non prive di drammaticità. dopo gli eventi che hanno sconvolto la zona del Golfo del Bengala (terremoto, tsunami) non è mancato il nostro apporto economico-solidale. Inoltre non è mancato il nostro sostegno ad altri due progetti di carattere sanitario. Dalla descrizione di questo quadro complessivo della nostra attività, svolta con profondo coinvolgimento emotivo-sentimentale, sono convinto che comprenderete facilmente e fino in fondo le ragioni della nostra volontà di ritorno. Ricordate il titolo di quel famoso film "i bambini ci guardano"? Io, lo confesso, di quei bambini non ho dimenticato lo sguardo e il sorriso: anche per questo abbiamo deciso di tornare in India. Su questo viaggio vi parlerò ancora, ve lo prometto anche perché la lezione che ho ricevuto da un incontro assai significativo per me credo che sia degna di esser messa in comune con voi. Essa, infatti, mi ha davvero illuminato sul senso più profondo e autentico del dono e, in fin dei conti, della vita stessa. A presto! Continua...

74) La storia del mio volontariato 23 dicembre 2005 secondo viaggio in India

Non esiste solo la "nostalgia dell'Africa", come si dice, ma anche una “ nostalgia dell'India ".Lo stiamo scoprendo noi che siamo sul piede di partenza: mia moglie ed io con Mauro, Mario e la giovane Marta che, finalmente, può realizzare il suo sogno di bambina: conoscere in India i suoi piccoli “fratelli”. Aeroporto "Marco Polo" di Venezia, 23 dicembre 2005, stesso giorno del nostro primo viaggio con l'arrivo in India alla vigilia di Natale. Non partiamo a mani vuote, abbiamo con noi regali e "pensierini" per tutti i bambini. Ma la cosa più preziosa è il dono di un artista, nostro “sponsor”, il cui nome è Sergio Archiutti: un crocifisso stilizzato in metallo da consegnare al Vescovo indiano di Eluru John Mulagada, lo stesso dono fatto dall’artista al Papa Giovanni Paolo II, al Patriarca di Venezia Angelo Scola e al nostro parroco don Armando. Sempre per iniziativa di Sergio Archiutti siamo in grado di offrire con spirito fraterno un crocefisso di dimensioni più ridotte ad ognuno dei nostri sette collegi. Ci imbarchiamo alle 20:35, con tre ore di ritardo! Serve descrivere il carico di emozioni e sentimenti che proviamo e che sentiamo come compagni di viaggio? Un poco forse sì. Ci penso mentre siamo in volo. Continua...

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75) La storia del mio volontariato

24 dicembre 2005 secondo viaggio in India. Paghiamo il prezzo delle tre ore di ritardo alla partenza. Addio coincidenze, conseguente sosta forzata a Doha, Qatar, dove ceniamo e pernottiamo. Il pomeriggio del giorno successivo siamo ad Hyderabad. Sono lì ad aspettarci Suor Clareese, che finalmente posso conoscere di persona (è lei che cura i rapporti epistolari dei bambini con gli sponsor); c'è anche Suor Mary che fa da interprete. Saranno loro le nostre guide e compagne di viaggio durante tutta la nostra permanenza in India: proprio come due angeli custodi! Si riparte subito, destinazione Eluru, che è sede vescovile e del Social Service Centre (S.S.C.). Questo ultimo spostamento, tuttavia, ci impone un percorso ancora lungo, ma ricco di suggestioni. Arriviamo ad Amalodbhavi all’imbrunire, per la verità un po' stanchi. Una stanchezza che, però, sarà ampiamente ripagata, come vi racconterò. Continua...

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76) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

24 dicembre 2005. Seconda parte Quello che ci ripaga ampiamente, però, è l'accoglienza gioiosa da parte dei bambini. Sono luminosi i loro sorrisi come luci nella notte, per l'incredibile candore dei loro denti. Le note di colore però, non sono finite: Ecco una vera pioggia di petali di fiori. Come si sentirebbero in questo momento, se si trovassero qui, i giovani chiamati “figli dei fiori”: mi piace immaginare che troverebbero anch'essi, a modo loro, una certa forma di felicità. Alla fine, dopo cena, abbiamo la sorpresa ed il piacere di assistere ad una nuova esibizione artistica con canti e balli. Questi ultimi, dedicati proprio agli ospiti, li apprezziamo particolarmente per la loro raffinata eleganza. E forse proprio per questo ce li hanno offerti alla fine, quasi per farcene imprimere meglio il ricordo nella mente e nel cuore. Non è ancora tutto: alla prossima. Continua...

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77) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

24 dicembre 2005. Terza parte Mantengo la promessa, cari amici. L’altra volta non ho dato abbastanza rilievo ad un particolare non da poco. E’ la vigilia di Natale! E qualcuno ha deciso di celebrare una messa soltanto per noi. E’ Padre Moses direttore del S.S.C. insieme a padre Ammana Raja, mie vecchie conoscenze, e ad alcune bambine coriste. Particolare simpatico: nonostante il proibizionismo vigente all'epoca, ci viene offerto un bicchiere di vino: quello che di solito utilizzano per la Messa. Che senso dell'ospitalità e della psicologia! Sanno che siamo italiani e veneti, allora un bicchiere di vino ce lo meritiamo! Un brindisi e ci diamo la buonanotte. Continua...

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78) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Natale 2005. Prima parte Vivere un Natale in India? Lo so, a qualcuno potrà sembrare strano, ma vi assicuro che è pur sempre - e forse ancor più – un’emozione intensa. Proprio nella mattina di Natale si svolge l’incontro con il vescovo John Mulagada. Incontro più formale in questa circostanza, ma sempre improntato a un sentimento di fraternità; particolare non secondario, è, poi il fatto che quell’occasione favorisce il nascere di un rapporto di reciproca conoscenza che si consoliderà nei giorni seguenti. Ci riconosciamo, silenziosamente, sempre più uniti nel comune senso di affettuosa paternità verso questi bambini. E da ancor più sentiamo che questo vincolo si rafforza nel momento in cui verifichiamo la nostra identità di vedute rispetto ad un punto per entrambi decisivo: vale a dire l’assoluta centralità che lo studio, e l’impegno di studio, dovranno avere per l’avvenire stesso dei bambini. Non è stato un caso, perciò, che proprio in quella circostanza abbiamo deciso di consegnare al vescovo il crocefisso di Sergio Archiutti, al quale ho già accennato. Di altri bei frutti maturati al calore di quel Natale vi parlerò più avanti. E vi anticipo, cari amici, che dedicherò un capitoletto a parte anche al saluto che ci siamo scambiati l’ultimo giorno, un saluto che ai miei occhi ha assunto un significato e un valore davvero importanti. Penso proprio, oggi, che la luce di quel Santo giorno sia stata di una intensità non facilmente dimenticabile. Continua...

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79) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Natale 2005. Seconda parte Il pomeriggio di quel Natale ha invece due altri protagonisti: padre Moses nostro referente in India e Sr Lally, che ha la responsabilità delle due strutture, i collegi maschile e femminile di Amalodbhavi. E’ loro l’iniziativa di farci visitare le due realtà. Incontriamo lì il piccolo esercito di bambini ai quali va il nostro sostegno; ad essi consegniamo le letterine inviate dall’Italia, scritte dai loro sostenitori. Per tutti c’è un dono natalizio: stoffa per i vestitini. L’acquisto l’abbiamo fatto in loco per poi consegnarlo alle figure familiari addette al lavoro di cucitura. Questa scelta da parte nostra si fonda sulla conoscenza, piccola o grande che sia, dei bisogni reali di quelle famiglie: ecco perché mettiamo direttamente nelle loro mani la somma di denaro necessaria per il confezionamento. Continua...

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80) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Natale 2005. Terza parte Sempre rimanendo sul piano delle cose concrete e necessarie, siamo informati da suor Lally che la struttura per le bambine si rileva ormai insufficiente per una adeguata sistemazione. Constatiamo la fondatezza delle osservazioni della responsabile, confermate da padre Moses, e avvertiamo, sin da subito, la necessità di un progetto ad ok, che sia risolutivo del problema. Naturalmente al nostro arrivo sottoporremo l’idea ai componenti del gruppo, che faranno la loro valutazione. Che tipo di progetto? Semplice: pensiamo alla sopraelevazione di tutta la struttura. A sera, faccio un rapido bilancio della giornata e registro che questo strano e diversamente ricco Natale si è presentato a noi con due volti: Quello della mattina, segnato dai valori della spiritualità e dell’amicizia, quello del pomeriggio, in cui è stata protagonista una suora molto pratica ed energica, con pochi fronzoli nel suo modo di agire. In breve, abbiamo ricevuto da lei una vera e propria lezione di umana, altruistica concretezza. Che è anch’essa, ai miei occhi, una forma di spiritualità. Continua...

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81) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

dicembre 2005 (la sicurezza parte prima) Son passati 10 anni e, naturalmente, tante cose quaggiù sono cambiate. Ed io eccomi qui come inviato (non molto) speciale che osserva, registra e racconta. Novità sociali economiche politiche urbanistiche e, direi, umane. Abituato come sono a usi e costumi di qui, mi pongo quasi automaticamente una domanda molto italiana, diciamo così: il governo indiano? Cosa avrà fatto, spero di buono, in questo decennio? Che cosa fa oggi che sono tornato in questo grande paese? Noto subito che un intervento c'è stato, un intervento di tipo urbanistico, necessario, forse non rinviabile, certo positivo: le strade, molte di quelle che ricordavo assai meno ampie sono state allargate. Era ora! Ma, come si dice, l'occhio vuole la sua parte ed io continuo a esercitare il mio sguardo curioso e indagatore. E noto qualcosa che mi sorprende parecchio e, immagino sarà una sorpresa anche per voi. Tante delle case coinvolte nell'opera di ampliamento delle strade sono state letteralmente “tagliate”. Avete letto bene, “tagliate”. Se non vi piace, dirò “affettate”, fatte a fette! Vorrete allora sapere come e dove sono stati sistemati gli inquilini, no? Ve lo dico subito, sono rimasti a vivere nelle loro case fatte a fette! Non ci credete? Ho visto dalla strada con i miei occhi, vi garantisco, l'interno di queste "abitazioni”: letti, armadi, sedie e cianfrusaglie varie! Proprio come dopo un terremoto con i palazzi e le case aperte, squarciate: ma con la gente tranquillamente rimasta lì dentro. Se ancora non credete alla mia testimonianza, metto a disposizione degli increduli le foto che ho scattato in quella occasione. Continua...

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82) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

dicembre 2005 (la sicurezza parte seconda) … La spiegazione non è difficile e mi sono fatto l'idea che essa forse ha due livelli. Il primo ci dice che, puramente semplicemente non c’è laggiù la stessa cultura della sicurezza che abbiamo noi. Il secondo ci spinge un pochino più in profondità e ci mette davanti al fatto che in quella società, in quella cultura, l’uomo, l'individuo e il suo rapporto con le cose, con lo spazio che abita, in una parola con il tempo e con la vita non è lo stesso che da noi. Questione di storia, di mentalità formatasi nei secoli in rapporto (anche) con la filosofia e la religione. Il risultato è che ai nostri occhi occidentali può apparire molto sorprendente quello che ai loro occhi lo è molto meno, oppure non lo è affatto. Mi piacerebbe saperne di più su queste cose, anzi sarei proprio contento se qualcuno di voi mi aiutaste a capire meglio con il suo parere. Potrebbe essere uno scambio interessante ed istruttivo. Che ve ne pare? Continua...

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83) La storia del mio volontariato (2005 secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro Molte e varie sono state le occasioni di conoscenza in questo secondo viaggio: la cosa si spiega con il fatto che, la prima volta, l'osservazione della vita indiana era stata limitata ad una breve visita a due collegi e a due grandi città. Ora invece i collegi che visitiamo sono ben sei. Ecco perché parlo di una conoscenza più puntuale e precisa (sia del paesaggio fisico sia di quello umano) rispetto all'altro viaggio. Anche per questa possibilità sento accentuarsi in me la mia vecchia passione per la fotografia. Ecco, infatti, aprirsi davanti ai nostri occhi e alla nostra curiosità un quadro i cui protagonisti sono sostanzialmente due: le persone e il lavoro, quelle e questo molto umili. Possiamo cogliere queste figure nella quotidianità della loro esistenza e della loro umanità, del loro modo di essere e di vivere. La pesca, la produzione di zucchero di canna, la coltivazione di riso, il lavaggio di panni ed indumenti vari: ecco le attività prevalenti. Continua...

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84) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro: Le lavandaie La visita al collegio di Pandirimamidigudem ci offre la possibilità di osservare da vicino una palpitante scena di vita quotidiana indiana, un autentico squarcio di vita e di colore: ecco la, sotto i nostri occhi decine di donne intente a lavare vestiti, sari e stoffe varie. Utilizzano, naturalmente, acqua del fiume e poco sapone: tanta è invece la fatica fisica! Non dispongono lavatrici automatiche, perciò si servono dell'unica macchina che dispongono: la forza motrice delle loro braccia. A quelle braccia gli alberghi affidano la loro biancheria sporca, che le donne lavano sbattendola energicamente su una pietra (per farvi un'idea, pensate all'Italia del dopoguerra). Le stoffe stese ad asciugare creano un grande mosaico di colori vivacissimi, mentre un sole cocente fa da asciugatrice. Quei colori sono un vero spettacolo, chi li guarda rimane colpito, e la mia voglia di scattare fotografie diventa sempre più grande. Ma torniamo per un momento a quelle donne, alla loro vita: solo per ricordare che vivono in capanne vicino al luogo del loro lavoro. Casa e fiume, fiume e casa è il loro habitat quotidiano, per tutti i giorni dell'anno. Vorrei che ce ne ricordassimo quando, a volte, ci lamentiamo troppo facilmente di qualche nostro disagio. Lo zucchero alla prossima. Continua...

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85) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro: Lo zucchero di canna Sulle spalle delle donne, ancora, carica del peso di un lavoro sfiancante. Mi riferisco alle operazioni necessarie per l'estrazione dello zucchero di canna. Come se non bastassero i quintali di biancheria lavati al fiume (certo non saranno le stesse donne a fare due lavori, certo non nello stesso giorno, ma è un fatto che l'uno e l'altro cadono sulle spalle femminili). Ora, vi prego, armatevi di un po' di pazienza e seguitemi in questa descrizione che, pur parlando di zucchero, si soffermerà su particolari non proprio dolci. La raccolta delle canne da zucchero, infatti, è molto faticosa, non è difficile immaginare quanto; le tagliano a mano, recidendole alla base, poi le sfondano. A quel punto le raccolgono in pesanti fascine e le trasportano nel luogo dove abbiamo potuto assistere alle fasi più interessanti del processo di produzione: si comincia dallo spezzettamento delle canne per passare poi alla spremitura. Risultato finale: zucchero in pani. Più precisamente: altri passaggi necessari sono la torchiatura delle canne con rulli di varia grandezza per arrivare all'estrazione finale, per spremitura, di un liquido gialliccio. Questo succo viene poi versato in una grande vasca metallica riscaldata. Il riscaldamento della vasca provoca l’evaporazione della parte acquosa. Una volta addensato il prodotto si preleva con capienti secchi e versato in contenitori predisposti per la creazione, appunto, di panetti di zucchero. Che dire? almeno per un attimo, quando acquistiamo lo zucchero di canna nei nostri supermercati, pensiamo a quanta sfiancante fatica c'è dietro quelle confezioni. Alla prossima con l'arrivo a Pandirimamidigudem. Continua...

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86) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

L’arrivo a Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo 100 km di strade sconnesse e polverose: le strade dell'India! Non proprio una comodità ma un piccolo sacrificio da parte di noi occidentali indispensabile per conoscere sempre più a fondo questo immenso paese, quasi il suo cuore segreto. E una parte almeno di questo punto dell’India ce l'hanno mostrato le persone (lavandaie, mondine, tagliatrici di canne da zucchero) come anche la natura coloratissima (il fiume, le piantagioni di canna, le risaie). Sì n'è valsa veramente la pena. Poi, finalmente, l'arrivo a Pandirimamidigudem. Un posto quasi incredibile! Come si suol dire, vedere per credere. E’ immerso nella foresta, sì, proprio foresta non un boschetto. Tanto che se dovessi dare un titolo a questo mio resoconto di viaggio, lo intitolerei così: viaggio nel colore e nel tempo. Se avete un po' di pazienza, cari amici, spiegherò meglio il senso e la ragione di questo ipotetico doppio titolo. Il mio resoconto sarà più completo e dettagliato in rapporto a questa ipotesi la prossima volta. Continua...

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87) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Mantengo la promessa fattavi alla fine del brano precedente. Ricordate? Accennavo ad un possibile doppio titolo. Allora possiamo cominciare dagli abitanti del luogo: non posso dire che ne facciamo una conoscenza approfondita, ma apprendiamo che vivono lì i genitori di alcuni nostri bambini. Quasi non si crede ai nostri occhi: vivono in capanne con tetto di paglia, non ci sono collegamenti che si possono chiamarsi strade. Cresce in me il senso di una lontananza fra noi e loro che non è solo geografica, e chiarisco subito che questo non è e non vuole essere un giudizio, tanto meno un giudizio negativo. E’ una constatazione. Gruppi di 20-50 famiglie popolano ognuno di quei villaggi. Attingono l'acqua da un unico pozzo in comune fra tutti inevitabile, almeno per me, pensare ai nostri i malumori o scatti di nervosismo quando, per qualche motivo, viene sospesa l'erogazione dell'acqua nelle nostre case: solo per qualche ora! In compenso, godono di un'aria pulitissima e di un verde incredibilmente intenso e bello che li circonda. Proprio lo splendore di quel colore mi aveva suggerito l'idea del titolo. Quanto alle condizioni materiali di vita, c'è innegabilmente tanta povertà, mitigata (se posso dire così) da un forte senso dell'uguaglianza. Domina l’analfabetismo ed è assente una vera differenza fra le classi: classi, che per la verità, nemmeno esistono. Mi accorgo, a questo punto, di aver preso forse troppo spazio. Completerò la descrizione nel prossimo capitoletto. Continua...

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88) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Ed eccomi qua, pronto a parlarvi delle condizioni materiali, dell’esistenza e dei rapporti socio-economici di quei gruppi. La loro sopravvivenza dipende dalla foresta, che li nutre e li protegge: qualcuno potrebbe pensare alla foresta di Sherwood e agli uomini di Robin Hood, ma qui – credetemi - è tutt'altra cosa: legna per il fuoco, noci, miele, resine e ogni altro prodotto da utilizzare o da vendere sono forniti tutti dalla grande foresta. Quanto al lavoro, devono accontentarsi di lavori umili, giornalieri, a chiamata. Questa realtà mi fa pensare a tempi lontanissimi da noi arcaici addirittura: un viaggio nel tempo appunto come dicevo all'inizio nell’ipotetico titolo. Rimango stupito dall’arretratezza di quella vita rurale e, insieme, dall'incredibile semplicità di quelle persone. Immagino a questo punto la vostra domanda: e l'incontro con i bambini? Quando ce ne vuoi parlare? Risposta per me facile (e anche un po’ scontata): alla prossima! Continua...

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89) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Vero che ogni promessa è un debito? Vi avevo promesso che sarei tornato sull'argomento " bambini, loro condizioni, loro crescita"? Bene, eccomi qua. Per raccontarvi del nostro incontro (finalmente!) con loro. È stato bello, forse anche qualcosa di più, scoprire, al nostro arrivo a Pandirimamidigudem, che i fanciulli ci avevano atteso a lungo, pazientemente ed affettuosamente. Ancora più bello e gradito il modo, direi meglio la dolcezza dell'accoglienza, che nel ricordo non riesco a separare dal profumo e dai colori delle stupende ghirlande di petali di fiori. Un’esperienza , come dire, molto indiana. presenti all'incontro erano padre Babu George, con la direttrice del settore femminile suor Christy ed altre giovani suorine. Non vorrei dimenticare (e certo non dimentico) la colonna sonora, diciamo così, di quell'incontro fatta di sorrisi e grida, tante grida festose. Giustificata allora, perché in quel momento inevitabile, la nostra commozione: tra l'altro, si sentiva nell'aria che non eravamo solo individui, grandi e piccini, che si incontravano ma (o pensate che esagero?) due mondi, due storie, due civiltà. Due civiltà che in quel momento si fondevano in una sola: la civiltà dell'uomo, che dovrebbe fiorire sempre e dappertutto. Continua...

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90) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Bene, cari amici, dopo la speranzosa (forse troppo) conclusione della “puntata" precedente, torniamo ai nostri bambini. Si, vogliono essere protagonisti anche con la richiesta di un bacio, di una carezza, di una stretta di mano, di una prossimità fisica (non posso non pensare, in questo momento “di pandemia”, alla malinconia della “distanziazione sociale”, alla tristezza per la clausura nostra, dei nostri ragazzi, delle loro scuole). Poi, presici per mano, ci hanno guidato ai luoghi del loro vissuto quotidiano: strano, no? , bambini che danno la mano ai grandi e li guidano. Come non pensare a quel bel film per il neorealismo italiano " chiuse " I bambini ci guardano"? Non sarebbe sbagliato, credo, aggiungere a quel titolo famoso "... ci sorridono, ci guidano, ci danno forza e speranza". E, a proposito dove ci guidano? Nella loro aula, priva di banchi, dove seguono le lezioni stando seduti a terra; sulla lavagna c'era una scritta dedicata a noi, peccato che era per noi incomprensibile. Continua...

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91) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Mi chiedo: potevano mancare, nella vita di tutti i giorni dei bambini, momenti di svago e di gioco? No, evidentemente. Ed ecco il pallone classico, la tria e altri giochi disegnati a terra con gesso e pietruzze (abbiamo rivissuto per un attimo la nostra infanzia di "vecchi” italiani; meno pacifico e più crudele, sia pure solo simbolicamente, il gioco "tigri e capri" legato evidentemente alla loro realtà. Ci siamo ricordati in quel momento di qualche lontana lettura salgariana e della terribile presenza in quei luoghi della "mangiatrice di uomini". Ultimo gioco: il “carrom", l'unico non disegnato a terra, che ricordava vagamente il gioco del biliardo. Non si è potuto non notare la povertà del luogo, che davvero saltava agli occhi, ma ho potuto apprezzare molte cose, in particolare l'organizzazione e la gestione educativa di padre George. Si vedeva la sua mano nella serietà e correttezza del comportamento dei bambini, rispettosi verso gli altri e fra di loro; ordinatissimi nel disporsi in fila per il pasto, senza spintoni o furbizia, per poi sedersi a terra per consumare il frugale pasto (scene tutte molto belle, ma qualcuno ha pensato alla caserma tirata a lucido quando arriva il comandante…). Alla fine del pranzo, si sono alzati tranquilli e sono andati verso la cisterna per lavare piatto e bicchiere: piccoli, cari soldatini! Continua...

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92) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Quando finirà questo lungo giorno? Non subito, perché alla sera, ancora festa e balli in nostro onore (ma davvero meritiamo tanto?); siamo stati poi ospiti per la notte. Le stanzette davvero spartane erano in piena sintonia con lo stile di tutto l'insieme: cibo, giochi, aula, tutti i vari momenti della vita quotidiana. Devo scegliere il momento più bello della visita? Facile scelta, almeno per me: aver avuto l'occasione di veder suonare i bambini con gli strumenti donati loro dagli alunni della scuola "Virgilio" di Mestre. E mi piace anche ricordare che quella offerta è stata resa possibile grazie al loro impegno nei mercatini natalizi, a scuola, sotto la guida degli insegnanti, e grazie al ricavato della vendita. Quadretto deamicisiano? Forse, ma come sarebbe bello vederne di simili, più spesso e più numerosi! Non siete d'accordo? Non certo per caso i bambini mostravano un grande trasporto per padre George: prova evidente della validità e dell'efficacia del suo impegno. I bambini ci giudicano. Continua...

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93) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo A questo punto, mi improvviso (mi viene spontaneo) un po' giudice e un po' maestro. E allora? Quale la mia decisione? Ecco, darei il massimo dei voti a quella realtà nel suo complesso. Il mio lavoro non è facile, In verità è molto duro - confessa padre Babu George -, ma quando sembra vincermi la stanchezza, lo stress, a volte la prostrazione, vado in mezzo a loro e riesco a non pensare più ai miei problemi, riacquisto le mie forze per andare avanti. Delle capacità di padre George si sono accorti, per fortuna, anche in "alto loco": egli Infatti è stato recentemente reclutato dal nuovo vescovo per nominarlo Cancelliere della diocesi. Onore al merito. Davvero si può dire che l'antica frase di un poeta latino, "l'amore vince, supera ogni cosa“ è stata pensata e scritta anche per quelle persone laggiù: l'impegno, la capacità di sacrificio, la dedizione agli altri di quei sacerdoti e di quelle suore testimoniano della grande riserva di amore che, sola, può aiutarci nelle difficoltà e nelle durezze della vita. Continua...

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94) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo È proprio vero che si non finisce mai di vedere, scoprire, imparare. E badate, amici, che non mi riferisco, in questo caso, a qualche aspetto dell’immenso e vario paesaggio indiano, ai suoi colori, odori, luoghi, natura, umanità. No non mi riferisco a nulla di geografico o turistico, ma a un altro "paesaggio", quello esclusivamente umano: fatto di persone e di impegno morale e pratico, di lavoro, di dedizione agli altri, di diagnosi e cura di malattie varie, di assistenza prestata a degenti, partorienti ecc. Sì, l'India è anche questo e io mi accingo ora a raccontarvi, con comprensibile orgoglio, della nostra presenza in quella realtà e del nostro progetto di un radicamento ancora più profondo in essa da parte nostra. Ed ecco la bella “scoperta”: prima dei saluti ai bambini veniamo a conoscenza di quella che ci rivela una "vera" eccellenza per quella realtà: il dispensario del Bambin Gesù. Continua...

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95) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Mi accorgo di aver tralasciato, la volta scorsa, un particolare niente affatto secondario: i nomi dei responsabili di questa "eccellenza" sanitaria. Provvedo ora: promotore e curatore di questo fondamentale progetto il vescovo John, coadiuvato con scrupolosa dedizione da padre Babu George e da Christy, esperta infermiera. La zona è periodicamente afflitta da malaria, tifo, dissenteria: il quadro sanitario ha perciò bisogno di cure mediche e analisi cliniche, indispensabili per la salute non solo dei bambini, ma anche dei familiari dei diversi villaggi. Soltanto una diagnosi pronta può garantire la somministrazione tempestiva ed efficace di farmaci adatti. Naturale che gli organizzatori abbiano pensato ad un laboratorio di analisi e all'acquisto di medicinali per il recupero dei malati. Ma la " scoperta " non finisce qui: oltre al laboratorio ecco una sala da 10 posti per degenze brevi e una sala parto (se così si può chiamare un semplice, rozzo tavolaccio). Ai nostri occhi i limiti sono evidenti: eppure il dispensario si rivela insostituibile anche per le cure di primo soccorso (per esempio, morsi di animali come serpenti, scorpioni ed altro). Continua...

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96) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Pandirimamidigudem: viaggio nel colore e nel tempo Ancora una “scoperta” che ci sorprende in positivo: l'AMBULANZA! Dotata di equipaggiamento salvavita con cui è possibile raggiungere i villaggi circostanti oppure, nei casi più gravi, l'ospedale più vicino, a circa due ore di macchina. E’ del tutto superfluo, credo, descrivere la nostra sorpresa di fronte a tutto questo, le nostre emozioni, il nostro sguardo ammirato e solidale. A questo punto la visita è finita. Non è finito invece il nostro sogno di condivisione e di solidarietà: perciò dopo questa “scoperta” abbiamo deciso per un progetto a lunga scadenza capace di dare continuità e sostegno a questa attività. Non spetta a noi dare giudizio, ma siamo convinti, ancora oggi, che quella è stata una scelta giusta. E quando ripensiamo a quei momenti, sentiamo che cresce in noi un filo di nostalgia. Continua...

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97) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro. Il riso Rifletto e sento che corriamo un rischio, il rischio di una nostalgia così forte ed intensa da catturarci del tutto e quasi impadronirsi di noi. Per fortuna il richiamo e il fascino della realtà indiana ci sottraggono a questo incantesimo “paralizzante”. Più osservo la realtà di questo immenso paese, più rimango affascinato dagli spettacoli che continuamente esso sa offrire. Spettacoli naturali e umani, risultato di un intreccio tra natura, appunto, e l'intervento della mano dell'uomo. Ecco allora che la mia esperienza indiana e il mio spirito documentario si arricchiscono di un nuovo capitolo. Se a questo dovessi dare un titolo, sceglierei questo: " il riso, un antichissimo cereale:”. Cominciamo allora dalle strade. Cosa c'entrano le strade? vi chiederete. E invece c'entrano, eccome, anzi è incredibile quanto importanti siano nella realtà dell'India, quanta vita si svolge colorita e chiassosa in esse. Non saprei immaginare, ora, un’India senza quel formicolio di gente che si dà da fare lungo quelle strade per sbarcare il lunario e soddisfare almeno in parte le sue esigenze quotidiane. Continua...

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98) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro. il riso, un antichissimo cereale Vi propongo ora un supplemento di descrizione. Si incontrano, così, camioncini scoperti addetti al trasporto in risaia delle mondine. In piedi, stipate con indosso i loro sari coloratissimi. Quanto a noi, come non fermarsi davanti a quel paesaggio, al paesaggio delle risaie? Rimango stupefatto, ad occhi aperti davanti a quella distesa color verde smeraldo, lucente, rilassante. Mai visti colori così. Ma non è solo questo aspetto pittorico che attira la nostra attenzione. C'è, come ho detto all'inizio, l'elemento umano che non si può assolutamente trascurare. E ancora una volta é il lavoro umano e la sua organizzazione che ci spingono a fermarci. Stavolta non è come nel caso del lavaggio dei panni al fiume o del taglio e raccolta della canna da zucchero, no. Qui, in risaia, sono all'opera uomini e donne, e salta subito agli occhi la ripartizione del lavoro fra di loro. I primi preparano il terreno, lo livellano alla perfezione, lo suddividono mediante argini di terra in vasche di varia grandezza. Continua...

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99) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Le persone e il lavoro. il riso, un antichissimo cereale Può essere interessante, credo, cari amici, continuare a descrivere quelle tecniche di lavoro. Prima avviene la semina delle cariossidi 😊 semi), poi i terreni vengono allagati. Successivamente, quando i germogli hanno raggiunto un’altezza di circa 20 cm, sono levati e portati nei terreni già coperti d'acqua. Qui subentrano le donne, pronte ad impiantarli. E’ quasi inutile aggiungere che questa è la fase più dura e faticosa del lavoro perché le mondine rimangono per ore con i piedi immersi in acqua e fango, costrette a piegare la schiena in continuazione. In quell’attimo penso alle parole di un vecchio canto delle mondine italiane " … e tra gli insetti e le zanzare duro lavoro mi tocca far” . Nel momento in cui mi avvicino ad esse, si fermano tutte. Mi salutano un con bellissimo sorriso e accettano di farsi fotografare. Poi, con un gesto delicatamente femminile, invitano la più giovane e carina a venirmi incontro perché io possa ritrarla. Le emozioni di quel giorno potrei custodirle gelosamente in me, ma preferisco trasmetterle anche a voi. Continua...

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100) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

I progetti. Paesaggi naturali, campi verde smeraldo, lavoratori e lavoratrici del prezioso cereale, descrizioni sempre partecipi, talvolta quasi commosse. Tutto bene, tranne un "piccolo" particolare: eravamo in India non per una corrispondenza giornalistica, ma per un motivo ben diverso e, come dire, meno "spettacolare" e "fotografico". In realtà, tra le ragioni del viaggio c’era anche, direi anzi soprattutto, l'interesse la curiosità la necessità di verificare lo stato dei lavori relativi a due progetti particolari (e molto concreti): 1) la costruzione di 10 abitazioni per famiglie di pescatori che, con lo tsunami, avevano perso tutto, ma proprio tutto: un progetto, evidentemente, con precise caratteristiche umanitarie; 2) la predisposizione, nello spazio dell'università, di un’aula con dieci poltrone odontoiatriche: evidente, in questo secondo progetto, la caratteristica di promozione "tecnico-culturale-professionale". Non è difficile immaginare la ricchezza di emozioni e di esperienze che questi incontri mi hanno regalato. Allora, se in voi è nata la viva curiosità di conoscere più da vicino e in dettaglio questi aspetti del viaggio, non mi resta altro, cari amici, che invitarvi al prossimo appuntamento. Grazie e a presto. Continua...

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101) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. Ve l'avevo promesso, ed eccomi qua. A parlare di visioni e sensazioni (anche fisiche) emozionanti, ma non soltanto di questo. Intanto il nome del luogo che ci accoglieva, un nome mitico per i lettori dei romanzi di Emilio Salgari: il Golfo del Bengala! Non abbiamo per fortuna, incontrato tigri del Bengala, al contrario, nel collegio di Samaladeevi siamo accolti con vivo entusiasmo da parte di tutti, soprattutto dei bambini. A sera, poi, siamo stati guidati dai bambini a cento metri dal collegio: eravamo sulla spiaggia del Golfo del Bengala! Era ormai buio pesto, c'era perciò bisogno di luce. Ed ecco la soluzione: dei grandi falò (un po' come da noi per il pan e vin). Ma quei falò illuminavano anche le ricche, molto curate scene di balli e canti: Una scena da mondo antico. Devo ricordare che in questo percorso ci ha accompagnato il nostro Goli la cui presenza è stata richiesta da noi. Quel Goli che, intanto, aveva cominciato a frequentare l'università: ancora un dato positivo, non vi pare? Mi sono tenuto per ultima la sensazione più emozionante: Quella sera abbiamo immerso i nostri piedi nudi nell'acqua scura dell'Oceano Indiano! Mi credete se vi dico che l’esperienza di quella sera è viva ed emozionante anche nel ricordo? C'è molto altro da raccontare, ma ne parleremo la prossima volta. Continua...

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102) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. I “Miracoli” post- tsunami. Il giorno successivo, eccoci, noi adulti di corsa insieme ai bambini. Cento metri, ed ecco che la scena serale precedente muta sotto i raggi del sole. Avevamo di fronte un bel numero di pescatori che in quel momento tiravano le reti a riva. Quasi immobili, silenziosi, mi sembrarono usciti da un lontano passato. Per un attimo mi è venuto da pensare ai poveri pescatori della Galilea. Addosso, avevano solo uno straccio, che faceva da perizoma. Bianco del misero panno, bruno della pelle, azzurro delle reti: un pittore non avrebbe potuto accostare meglio i colori sulla sua tela. Ma a che cosa era dovuto il colore brillante delle reti? Non ci crederete, ma lo tsunami aveva compiuto questo … miracolo. Aveva distrutto tutto, perciò quei poveri pescatori, almeno, avevano ricevuto in dono quelle reti nuove dal colore brillante. Insomma, nell'insieme, una scena da film: e volete che, in questo caso, il fotografo che è in me non si sentisse attratto e coinvolto in questa "sequenza" della vita di quel popolo? Al punto che un gruppo di studenti universitari lì presenti per aiutare i genitori nel periodo delle vacanze di Natale, si sono avvicinati per chiedermi se ero un "famoso reporter". Naturalmente, ho risposto di no, ma come mi sono sentito lusingato. Ed è stato bello sapere che anche quei ragazzi godevano della nostra assistenza. Che bella lezione! Che bello esempio! studenti universitari che, con umiltà, aiutavano semplici lavoratori: tutto questo mi ha riportato alla mente pagine del libro "Cuore". Esagero in sentimentalismi? Penso proprio di no: e voi? Continua...

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103) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. ”Miracoli” post- tsunami E non finiscono qui i ”miracoli” dello tsunami! Già, perchè il pomeriggio, al nostro ritorno, abbiamo ritrovato nel collegio quei pescatori appena conosciuti. Mi chiederete: e il miracolo? Eccolo: un consistente numero di bici, nuove di zecca, faceva bella mostra di sè. Da dove erano spuntate? In realtà, era un dono per loro grazie alla generosità di un'altra associazione di volontari (americana? italiana? non ricordo). Ricordo perfettamente, invece, che quel mezzo semplice ed ecologico riveste un'importanza fondamentale, per quella popolazione. E questa importanza può spiegare la solennità (per noi quasi incredibile) della ”cerimonia” di consegna, che ha avuto quasi i caratteri di un vero e proprio ”rituale”. ”Rituale” che, in quel momento, rispecchiava ed esprimeva lo spirito di amicizia e di solidarietà che aleggiava su tutto e su tutti. I destinatari del dono erano lì disciplinatamente incolonnati accanto al loro mezzo prezioso: e questo ha reso ancora più bello e significativo il gesto di mia moglie: una stretta di mano a tutti, in segno di amicizia e come buon auspicio per il futuro.

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104) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India)

Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. I "Miracoli" post- tsunami

Siamo un po’ stanchi, ma il nostro "giro" non è finito nella zona del Golfo del Bengala: manca la " tappa" più importante anche se meno scenografica. Al termine della cerimonia, infatti, ci avviamo verso la zona dove sorgerà un nucleo di nuove abitazioni. Sono già in costruzione alcune delle casette tanto attese e tanto indispensabili. Ci aspettavano ingegneri, architetti, futuri assegnatari. Il numero delle piccole costruzioni arriva a 100, da portare a termine per altrettante famiglie. Alla costruzione di dieci di esse il nostro gruppo ha contribuito con 1000 € per ognuna, mentre il governo indiano ha coperto la spesa per ciascuna con altri 800 €. La manodopera? La famiglia assegnataria avrebbe provveduto manualmente alla costruzione. Verificare sul posto lo stato dei lavori era uno degli obiettivi principali del nostro viaggio. Con soddisfazione ricordo che erano già state gettate le fondamenta delle "nostre" dieci casette. Con un po’ di emozione ricordo anche che erano lì ad attenderci le dieci famiglie assegnatarie. Per dirci il loro grazie: con l’espressione del volto, con gli occhi, con il sorriso. Ed ora, un'ultima considerazione: mi accorgo che più volte, in questo capitoletto, ho usato l’espressione "miracolo dello tsunami": ma il vero miracolo, possiamo dirlo fra di noi?, è quello dell’animo umano quando riesce a comprendere e a tradurre in gesti concreti e tangibili i bisogni altrui, la solidarietà, l’amicizia. Senza confini, senza muri, senza barriere.

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105) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India) Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. Un’iniziativa coronata da successo - prima parte -

Ancora progetti, ancora visite di "ispezione": il lavoro non manca, come non manca il desiderio di conoscere non solo lo stato delle cose, ma anche le persone con tutta la loro umanità.

La nostra meta è, ora, Duggirala, luogo in cui era stato avviato un nostro ambizioso progetto: attrezzare un’aula con dieci poltrone da odontoiatri (in gergo "riuniti") per il St Joseph Dental University a Pinakadimi, tenacemente voluta - quest’ultima - dal vescovo John. In questo modo - ecco il disegno del prelato - sarebbe stato facilitato l’insegnamento della scienza odontoiatrica con un riguardo speciale per ragazze/i delle classi più povere: giovani volonterosi e dotati ma privi di mezzi per accedere a Università pubbliche e private. Come non riconoscere in questo progetto del Vescovo un vero stile ed una autentica ispirazione cristiana?

Ma torniamo al quadro che ho cominciato a descrivere: devo ricordare, allora, che il reparto universitario si trovava all’interno dell'ospedale e che il costo di ogni singolo "riunito" ammontava a mille euro. L’acquisto, per ragioni facilmente intuibili, era fatto in loco, anche in previsione di future eventuali manutenzioni.

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106) La storia del mio volontariato (secondo viaggio in India) Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. Un’iniziativa coronata da successo - seconda parte -

Si mirò al coinvolgimento di odontoiatri veneti attraverso la loro associazione, "L’Andi": non mancarono risposte positive da parte di alcuni di loro, per lo più già in rapporti con il nostro gruppo. Una disponibilità che ha poi suggerito la scelta di apporre su ogni sedia il nome del generoso sostenitore. Ma torniamo al Vescovo e alle sue iniziative tutte proiettate verso il futuro: perchè questa Università stava tanto a cuore al nostro illustre amico? perchè egli, che sa guardare lontano, aveva previsto anche dei locali satelliti in sette villaggi, come supporto all’Ospedale. Durante la nostra visita, poi, c’è stata un’altra bella sorpresa: abbiamo "scoperto" che all’interno dell’ Università c’era un pulmino attrezzato con due sedie (i "riuniti") e provvisto anche di altoparlante. Indispensabile, il tutto, per poter raggiungere i luoghi lontani dai suddetti villaggi, annunciando l’arrivo per mezzo dell’altoparlante. Per un momento, allora, ho ricordato i tempi in cui dalle nostre parti si sentiva, dal carretto o dal furgoncino, la voce del robivecchi o del fruttivendolo che invitava le donne alla spesa.

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107) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Esperienze ed incontri durante la visita per i progetti. Un’iniziativa coronata da successo - terza parte -

C’è ancora un altro particolare interessante, per me da non dimenticare: il paziente povero del villaggio veniva curato, quasi sempre, dagli studenti più anziani sotto la guida dei docenti. Evidentemente, questo modo di trasmettere il sapere è fondamentale in ogni tipo di scuola, in ogni parte del mondo. Noi per fortuna non abbiamo avuto bisogno di cure dentistiche, ma abbiamo molto apprezzato l’accoglienza riservataci: calda ed affettuosa. Naturalmente, nessuno di noi dimenticherà il gesto significativo del Vescovo che, durante il pranzo, ha voluto lasciare a noi il posto a capotavola. Infine - un ultimo ma non ultimo - voglio ricordare con vera gioia in questa università si è laureato uno dei primi ragazzi sostenuti, Chinna Babu, caro a me e al nostro gruppo. Ma quel sentimento di vera gioia al quale ho accennato prima non è stato tutto "merito" di Chinna Babu, anzi. Ne sono in un certo senso ispiratori gli studenti di quella università che con i loro like mi hanno rivelato che seguono e apprezzano il mio racconto. È bello vedere che la nostra comunità si allarga.

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108) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Una giornata particolare: due mamme si incontrano -seconda parte-

Ecco: siamo a casa del nostro figlio indiano.

.... Quell’incontro è ancora vivissimo nel nostro cuore e nella nostra mente. A cominciare dall’ambiente: la casa-capanna è, ovviamente, quanto di più lontano dai nostri standard di comodità. Il pavimento è in terra battuta, il tetto è in paglia, una sola la stanza. E il reparto notte? Semplice: è chiuso da una tenda scorrevole. Mi viene in mente una parola molto in uso da noi: minimalismo. Qui, però, il minimalismo non c’entra per niente. C’è, questo sì, una dignitosa e molto decorosa povertà, messa ancor più in evidenza dalla presenza di qualche mensola e pochi utensili per cucinare. Sembra di rivedere le scene di qualche vecchio documentario in bianco e nero sulle condizioni di vita di famiglie povere italiane di anni fa. È questo lo spazio in cui avviene l’incontro che ancora oggi non posso ricordare senza commozione. È l’incontro tra le due mamme di Goli. Per loro parlano gli occhi umidi e sorrisi appena accennati ma che riescono a dire "grazie" senza parole (e senza smancerie). Per la verità è presente anche suor Clareese che traduce le parole di ringraziamento della mamma di Goli: poche ed essenziali.

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109) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Una giornata particolare: due mamme si incontrano -terza parte-

E il padre? Vi chiederete. Da lui nessuna parola: se lo può permettere, direi, perchè parlano per lui gli occhi e un sorriso largo e radioso. Sorriso diverso da quello della moglie, ma che riesce ad esprimere la gioia e, direi anche, l’orgoglio di averci conosciuto. Poi, spontaneamente, l’uomo si è arrampicato (a piedi nudi!) fino alla cima di una palma da cocco, ha colto e portato giù alcuni frutti, li ha infine tagliati con un unico colpo secco di machete. A questo punto ce li ha offerti insieme ad una cannuccia, come se si trattasse di una coca-cola. Offerta semplice con un gesto di antica, antichissima dignità e senso dell'ospitalità, che abbiamo particolarmente apprezzato. Prima di tutto il sentimento di gioia che quel gesto esprimeva, poi perchè ci siamo resi conto che quei frutti rappresentavano per quella famiglia un bene importante per la loro vita quotidiana, forse per la loro stessa sopravvivenza, chissà.

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110) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Una giornata particolare: due mamme si incontrano - quarta parte-

Tradotto in parole, quel gesto voleva dire per me "siamo fratelli". Oggi, dopo l’enciclica "fratelli tutti" di Papa Francesco, lo capisco ancora meglio. Alla fine, mi viene da pensare: sarebbe stata possibile un’esperienza come questa senza il lievito, la lezione del Vangelo (parlo, naturalmente, di noi cristiani), senza la centralità che nella nostra religione ha l’idea e la pratica della carità e della fraternità? La risposta non è facile, ma sono convinto che la trasmissione, anche a scuola, di questi insegnamenti, potrebbe svolgere un ruolo importante (come suggerisce anche un autorevole filosofo veneziano che a questi problemi dedica da tempo molta attenzione). Insomma, per me le domande sono molte e non mi illudo che le risposte siano facili da trovare.

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112) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Un incontro speciale. Parte prima.

Vi pongo subito una domanda, cari amici: può capitare che "qualcosa" o "qualcuno", lasciando un solco profondo nella nostra mente, nel nostro cuore, ci cambi la vita segnando in essa un prima e un dopo? Una storia, un libro, una pagina particolare del Vangelo, un viaggio, un’opera d’arte, un’esperienza, una persona o più persone (non importa se della cerchia familiare o degli amici)? Ognuno di noi avrebbe, certo, la sua risposta fondata su elementi sentimentali o razionali oppure, più probabilmente, su entrambi gli aspetti. Per quanto mi riguarda confesso che la mia personale risposta è stata a lungo incerta e oscillante, almeno fino a un certo momento della vita. Poi ogni mia incertezza, ogni mio dubbio è scomparso, devo dire, di fronte ad un incontro rivelatosi, appunto, per me decisivo. Ed è proprio di tale incontro, cari amici, che voglio parlarvi.

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113) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Un incontro speciale. Parte seconda.

Certo, di incontri ne ho avuti nel corso di questo viaggio che ha squadernato davanti ai miei occhi il campionario vasto, ricchissimo di una umanità non facilmente dimenticabile. Eppure, da questa folla si stacca con incredibile forza un volto, uno sguardo che lasciano un po‘ sullo sfondo tutto il resto. Ricordate, amici, quante volte vi ho fatto il nome del vescovo John Mulagada? Sì, è di lui e del mio incontro con lui che vi parlerò. Una persona gravemente malata, duramente provata da patologie gravissime. In quella fase della vita stava combattendo contro una forma terminale di cancro: capirete perchè parlo di ultimo incontro.

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(114) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Un incontro speciale. Parte terza.

Il vescovo alloggia ad Hyderabad, per un ciclo di terapie, in una casa di ospitalità gestita dalle suore del posto, presso le quali sono ospite anch’io con il mio gruppo. Alla sera mi fa chiamare: vuole vedermi, con mia moglie, nella sua spoglia, francescana cameretta. Il motivo? Voleva salutarmi prima del nostro imbarco per Calcutta: al momento dell’incontro mi guarda negli occhi, mi prende le mani tra le sue e, con una voce che non si può dimenticare, mi chiede una promessa. Dentro di me, in quel momento, spero fortemente che si tratti di una promessa che potrò mantenere, non voglio nemmeno pensare a qualcosa che potrebbe rivelarsi, per il vescovo, un’amara, cocente delusione. Ed ecco la richiesta: non si abbandoni, da parte nostra, il progetto di adozioni a distanza, non dimenticate i bambini conosciuti in questi giorni. Mi sento sollevato e, insieme, profondamente emozionato: posso dare, al vescovo, lo sento, ancora la mia parola sgorgatami dal cuore: farò di tutto per mantenere la promessa fatta.

Continua... con la conclusione del racconto

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(115) La storia del mio volontariato (Natale 2005 secondo viaggio in India) Un incontro speciale. Parte quarta e ultima.

E oggi, a distanza di tempo? Oggi posso dire che quell’incontro mi ha profondamente segnato e che considero un vero e proprio dono l’aver potuto conoscere un uomo di tale forza interiore da riuscire a trasmettere il suo messaggio d’amore per il prossimo anche in un momento drammatico della sua vita ormai alla fine. Sapeva, il vescovo, che i suoi giorni stavano per finire, ma non poteva finire, per lui, la speranza e l’amore. E ne ha dato prova con quell’ultima, impegnativa richiesta. Ritorno a volte con la mente a quel momento e mi chiedo: perchè ha voluto chiamare proprio me? Me, che avevo intrapreso quel viaggio con la "spensieratezza" di un neopensionato che vuole accontentare la moglie e verificare, semplicemente, che i lavori procedano regolarmente. Si, certo, ci sentivamo responsabili delle adozioni che avevamo fatto. Poi quella chiamata del vescovo, quel volto sofferente, quelle mani, quelle parole... un segno, forse ... chissà, forse SI. FINE

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